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Se questo è un ministro

Quando Umberto Bossi, capo indiscusso della Lega Nord e ministro delle Riforme della Repubblica Italiana, eruttò il suo «Föra da i ball», riferendosi ai migranti che scappavano dalla guerra che infesta il Nord Africa, pensavamo di aver toccato il fondo del barile. (Perché la guerra in atto è anche una guerra per il barile, in fondo, in fondo).

E invece non è stato così. Il fondo di quel barile era stato appena sfiorato dal capo della Lega Nord. Qualche giorno più tardi sarà Roberto Maroni, il ministro dell’Interno della Repubblica Italiana, leghista doc e della prima ora, ad erodere quel fondo. Dopo che l’Europa aveva bocciato la proposta, formulata proprio dallo stesso Maroni, di permesso temporaneo per gli immigrati tunisini accampati a Lampedusa, il sassofonista milanista di Varese prestato alla politica dichiara: «Mi chiedo se abbia un senso continuare a far parte dell’Unione Europea». Non era mai successo che un ministro della Repubblica Italiana avesse messo in discussione l’appartenenza del nostro Paese all’Europa. L’Italia, per chi lo avesse dimenticato, in questi tempi barbari che stiamo vivendo, è uno dei paesi fondatori della Comunità Europea, 1957.
E quando pensavamo che il peggio fosse passato ecco arrivare la bordata finale e la certezza che non solo si era toccato il fondo del barile ma che s’iniziava a scavare. Il protagonista è ancora una volta un leghista storico, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Castelli che intervenendo a una trasmissione radiofonica, è disponibile il podcast su Internet, così si esprime: «Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora».
Mentre i tre ministri leghisti infliggevano un colpo mortale alla credibilità internazionale dell’Italia, Silvio Berlusconi si prepara per lo show finale che puntualmente arriva con il suo sbarco a Lampedusa. Un comizio, tenuto su di una pedana che sembra essere lì per caso, stile predellino per intenderci, che svela, ancora una volta, la pochezza politica e umana del capo della destra italiana al governo. Parole, parole, parole e promesse. Lampedusa candidata al Nobel per la pace, campi da golf, la costruzione di un casinò e, mentre migliaia di essere umani giacciono inermi senza cibo e senza una dimora degna di questo nome sul molo dell’isola siciliana a causa dell’incapacità del governo in carica da lui presieduto, l’annuncio dell’acquisto di una casa per la modica cifra di due milioni di euro. Senza alcun pudore.
Questa è l’immagine che ha offerto l’Italia al resto del mondo in questi tristi giorni di aprile.
Migliaia di migranti, molti dei quali laureati e in grado di comprendere bene ciò che gli stava succedendo, che non abbiamo saputo accogliere. Tenuti peggio degli animali. Volutamente ammassati, uno sull’altro. Senza cibo. Senza ricovero. Soltanto un anno fa lo stesso Berlusconi aveva parlato alla tv tunisina, anche in questo caso come per Castelli esistono le registrazioni audio e video disponibili su Internet, e aveva detto: «Lavoro, casa, scuola a chi viene in Italia». Parole e false promesse di un anziano signore malato, come ci aveva informato con una lettera pubblica, non più di qualche mese fa, la sua seconda ex moglie.
Di fronte a uno spettacolo d’insopportabile scempiaggine realizzato dalla destra che governa il Paese non è più il tempo di dire: «Mi vergogno di essere italiano». Non basta più chiamarsi fuori. Abbiamo, tutti, il dovere di fare di più. Prima che sia troppo tardi.

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