Abbandono per una volta libri, politica, economia, sviluppo sostenibile e parlo di calcio.
Fabio Cannavaro, capitano dell’Italia campione del mondo in Germania ha vinto il Pallone d’oro, il più prestigioso trofeo per un calciatore assegnato da France Football sulla base dei voti assegnati da giornalisti specializzati. Alle spalle di Cannavaro è arrivato Buffon il porterione azzurro e terzo il francese Thierry Henry definito da Le Figaro «un magnifico perdente».
Questo premio ha scatenato polemiche aspre in particolare da parte dei catalani, che tifavano per Ronaldinho e anche perché Cannavaro gioca nel Real Madrid, e dei francesi che dopo la sconfitta subita nella finale mondiale speravano di rifarsi con la vittoria di Henry nei confronti dei due italiani arrivati prima di lui.
Il calcio è bello anche perché ognuno di noi è legittimato ad esprimere giudizi e tutti, in fondo, ci sentiamo un po’ allenatori, però altra cosa è esprimere giudizi così “cattivi” nei confronti di un calciatore che ha appena vinto il più prestigioso trofeo al mondo.
Faccio anch’io, per lo spazio e la durata di questo post, l’allenatore e il critico. Penso che il premio a Cannavaro sia giusto, lo ha meritato per un mondiale strepitoso in cui è stato determinante quanto e più di un attaccante. Non mi pare inoltre che quando, un po’ di anni fa, lo stesso riconoscimento venne assegnato a Sammer, giocatore tedesco molto modesto a mio parere, ci fu la stessa levata di scudi da parte dei francesi o dei catalani.
In ogni caso penso che Cannavaro faccia bene a non pensare a queste critiche, ma a godersi questo premio.
L’aspetto che volevo sottolineare e che mi sembra la cosa più importante di questo post è però la dedica che Fabio Cannavaro ha fatto alla consegna del premio. «Voglio portare questo trofeo anche a Napoli perché è una città che attraversa un momento un po’ particolare. E voglio dire ai bambini napoletani di credere ai sogni perché i sogni come è stato per me si possono avverare.» Questa dedica, l’attenzione alla sua città e soprattutto questo messaggio di speranza e fiducia nel futuro indirizzato ai bambini napoletani, valgono più di qualunque pallone d’oro e sommergono qualunque polemica.
Per finire volevo dedicare ai nostri cugini francesi una canzone di un grande cantautore italiano da loro molto amato, Paolo Conte. È una canzone dedicata ad un grandissimo personaggio dello sport italiano, Gino Bartali.
Bartali, di Paolo Conte
Farà piacere un bel mazzo di rose
e anche il rumore che fa il cellophane
ma un birra fa gola di più
in questo giorno appiccicoso di caucciù.
Sono seduto in cima a un paracarro
e sto pensando agli affari miei
tra una moto e l’altra c’è un silenzio
che descriverti non saprei.
Oh, quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita
e i francesi ci rispettano
che le balle ancora gli girano
e tu mi fai – dobbiamo andare al cine –
– e vai al cine, vacci tu. –
è tutto un complesso di cose
che fa si che io mi fermi qui
le donne a volte si sono scontrose
o forse han voglia di far la pipì.
E tramonta questo giorno in arancione
e si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato, se tu vuoi andare, vai…
e vai che il sto qui e aspetto Bartali
scalpitando sui miei sandali
da quella curva spunterà
quel naso triste da italiano allegro
tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
C’è un po’ di vento, abbaia la campagna
e c’è una luna in fondo al blu…
Tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
e tu mi fai – dobbiamo andare al cine –
– e vai al cine, vacci tu! –
taratà taratà tara ta ta ta ta ta ta tà
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