Peregrin d’Amore è l’ultimo libro di Eraldo Affinati. Un lungo viaggio nella lingua italiana e nei luoghi che gli scrittori hanno abitato e vissuto.
Due le fermate in Abruzzo: Pescara e Fossa. D’Annunzio, Flaiano e Silone gli scrittori coinvolti.
Peregrin d’amore propone al lettore un viaggio “sui generis” nella lingua italiana. Un viaggio in cui alle parole si sovrappongono i luoghi frequentati dagli scrittori. Come nasce quest’idea? Quale l’esigenza?
Credo che la letteratura serva a intensificare la vita, quindi ho voluto misurare la forza dei nostri classici facendo rievocare le loro pagine nell’Italia di oggi. Ho scoperto che i boschi attraverso i quali scappava il Renzo manzoniano, in Brianza, sono quasi scomparsi e che la trincea dove Ungaretti scrisse i suoi primi versi, sul vecchio confine italo-sloveno, è invasa dal fogliame. L’ospedale psichiatrico di Castel Pulci, in Toscana, che accolse Dino Campana, era in ristrutturazione. Nelle vie dove giocava Carlo Collodi, dietro il mercato di San Lorenzo, a Firenze, i cinesi vendono tanti Pinocchi sotto forma di ciondoli. Ho cercato questi scarti laceranti perché volevo strappare la letteratura italiana dalla bacheca, come se non riuscissi a considerarla un semplice trofeo.
Per spiegare la letteratura lei fa ricorso a una narrazione multipla. Attraversa, descrivendolo, l’intero territorio italiano non disdegnando divagazioni oltreconfine, e contemporaneamente racconta storie. Storie spesso di disagio.
È vero. Ho immaginato di rivedere Orlando nell’isola di Lampedusa, dove Ludovico Ariosto collocò il finale dell’Orlando Furioso. Con una differenza sostanziale: mentre in quel grande poema il paladino cristiano combatteva contro i Mori, nella mia versione fantastica li accoglie a tavola distribuendo loro il minestrone. Oppure ho raccontato la storia di un mio studente afghano, Hafiz, il quale, dopo la scomparsa di suo fratello, affogato nello stretto dei Dardanelli, ha raggiunto l’Italia nascosto sotto le sospensioni di un Tir sul traghetto che collega Patrasso a Venezia. Durante il viaggio è passato accanto a Zante, l’isola in cui nacque Ugo Foscolo. Nel momento in cui gli ho spiegato il sonetto In morte del fratello Giovanni, per prepararlo all’esame integrativo di quarta ragioneria, i suoi occhi hanno brillato di una luce stupenda.
Quando sul nostro cammino irrompe Giovanni Verga, le sentiamo dire: «Intendi metterti alla prova. Capire se veramente pensi che nessuna generazione è migliore o peggiore di un’altra». La risposta a questa domanda aiuta a capire un po’ di più questo tempo malandato che stiamo attraversando.
Ho sempre insegnato a ragazzi difficili, forse perché anch’io lo sono stato. Non dobbiamo mai perdere la speranza perché davvero penso che ogni generazione ricominci da capo. In questo senso la letteratura è uno schermo infinito che può aiutarci a capire chi siamo.
Ci sono due tappe abruzzesi nel suo viaggio, la prima fermata è Pescara. Flaiano e soprattutto Gabriele d’Annunzio.
Ricordo il giorno in cui, seduto in una panchina di Piazza Garibaldi, dopo aver sostato davanti alle case di D’Annunzio e Flaiano, in corso Manthoné, cercai di trovare, dentro di me, un ponte ideale che potesse unire questi due scrittori dalle sensibilità così distanti. A un certo punto pensai che incarnassero entrambi due forme, opposte, dell’incredulità: rispettivamente nell’artificio e nel disincanto. Alcuni ragazzi, scattando sugli skateboard, accompagnarono queste mie riflessioni con acrobazie temerarie intorno al monumento ai caduti.
La seconda fermata è Fossa. Lei ci è stato in occasione del terremoto del 2009. Venne per donare libri alla biblioteca ambulante allestita nella tendopoli. Quel terremoto le richiama alla mente una narrazione molto conosciuta, quella di Ignazio Silone.
Ogni volta che penso al giovane Silone, quello che vide la devastazione del terremoto del 1915, che causò la morte della sua famiglia, mi viene il groppo in gola. Sono stato nel collegio di San Lorenzo, a Roma, da cui il piccolo orfano fuggì, prima di incontrare Don Orione, e poi davanti alla sua tomba a Pescina dei Marsi, sopraelevata sul paese. Credo che pochi scrittori come lui abbiano segnato il posto in cui vissero. Oggi noi non possiamo fare a meno di percepire il paesaggio interno abruzzese con gli occhi dell’autore di Fontamara. Comunque per me gli Abruzzi sono legati a Ernest Hemingway. Quando lessi Addio alle armi, a quindici anni, restai colpito dalla descrizione che ne fa il personaggio del cappellano. Questo per dire quanto siano importanti i libri che si leggono da ragazzi.
«Solo l’amare conta, solo il conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto»: il commiato lo affida a Pier Paolo Pasolini. È l’annuncio del suo prossimo libro?
Devo prima imparare a condividere questa affermazione rivoluzionaria di matrice cristiana. Se ci riuscirò, chissà. forse potrebbe nascere un altro libro.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.