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Peregrin d’amore, Eraldo Affinati

Peregrin d’amore. Sotto il cielo degli scrittori italiani, ovvero come si potrebbe insegnare la letteratura a scuola. Un viaggio nella lingua italiana e nei luoghi che gli scrittori hanno abitato o che sono ascrivibili alla loro attività.
La partenza prende le mosse dal castello forse preferito da Federico II, Castel del Monte, ma l’incipit vero e proprio coincide con la città in cui poteva finire la storia dell’uomo sulla Terra, Nagasaki.

La città della bomba atomica, il luogo dove la violenza cieca ha umiliato la natura. Il contrappunto ideale a quest’avvio è rappresentato dall’uomo che può essere considerato l’antesignano dell’ambientalismo nel mondo. L’uomo che parlava agli uccelli: Francesco d’Assisi. «Laudato si’, mi’Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba»: con la «poesia più antica scritta in lingua italiana» dal poverello d’Assisi inizia il viaggio letterario di Peregrin d’amore. Una poesia che Affinati spiega a Binah, una giovane prostituta nigeriana che oggi abita i luoghi che un giorno furono abitati dal figlio di Bernardone. È una partenza che mette i brividi.
Adesso siamo a Venezia, la città del “viaggio” per antonomasia e del viaggiatore per eccellenza, Marco Polo. E qui il parallelo tra il giovane veneziano e Alì che ha «attraversato mezza Asia a piedi» prima di ritrovarsi solo nella periferia di Treviso lascia il segno. Non è però il fascino del Gran Khan che nomina ambasciatore Marco Polo a spingere Alì e i suoi giovani amici a vagare per il mondo. Sono la guerra, la povertà, a “nominare ambasciatori” queste piccole vittime che in La città dei Ragazzi di Roma imparano a conoscere Il Milione. Qui i cavalli diventano motociclette, i messaggeri professori. È la bellezza della “conoscenza” che apre le porte all’immaginazione.
A Ravenna incontriamo il padre della lingua italiana, il sommo Dante. Ed è proprio dalla Divina Commedia che Affinati, il nostro Virgilio, trae il titolo per questo libro: Peregrin d’Amore. Il ristoro che gli offre il prof. Tricca è l’occasione per parlare dell’attualità della Divina Commedia. Del suo valore letterario e della magia delle parole in essa contenute che si rinnova ad ogni nuova lettura.
Dopo una breve digressione in Provenza e a Berlino si torna in Italia, a Firenze. Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Niccolò Macchiavelli, Ludovico Ariosto sono i compagni di viaggio di questo nuovo tratto di strada. La Clorinda di Torquato Tasso ci riporta fuori dai patri confini fin davanti alla tomba di Gesù, in quella Gerusalemme dove «la Guerra non finirà mai».
Stoccolma, Parigi, Mosca le tappe che si alternano a Roma, Nola, Perdifumo. Ed è piacevole ri-scoprire che il “corpo della lingua italiana” sia così ricco di popoli e storie diverse. Qui la letteratura italiana diviene il pretesto per parlare di passione, di generosità, di comprensione, d’amore, e l’animo dell’insegnante si trattiene a stento fino a tracimare quando tra le pagine s’odono i versi dell’Infinito:«[…] Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare».

Titolo Peregrin d’amore
Autore Eraldo Affinati
Editore Mondadori
Anno 2010

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