le mie recensioni


Visit Us On FacebookVisit Us On InstagramVisit Us On LinkedinVisit Us On YoutubeVisit Us On PinterestCheck Our Feed

Paola Antonucci: da Chieti al San Carlo, il bel canto nel cuore

C’è stato un tempo in Italia in cui l’opera e il belcanto erano molto popolari. Perfino “la televisione” celebrava e assecondava questa tendenza, accadeva tutti i venerdì, le trasmissioni erano in bianco e nero e non c’era il telecomando. Era, però la radio la regina incontrastata della lirica. Trasmetteva musica un gran numero di ore contribuendo in maniera decisiva a rendere noti e popolari i protagonisti delle opere.

Accadeva sovente che nelle calde sere d’estate, passeggiando tra le strade strette dei centri storici delle nostre città, s’udissero, dalle finestre spalancate, le arie più famose del melodramma italiano. Le stesse che Paola Antonucci ha iniziato a cantare fin dalla primissima età. «A dieci anni già cantavo su un disco della “Bohème” di Puccini imitando la voce del soprano Rosanna Carteri che intonava le note del più struggente duetto d’amore “Sono andati, fingevo di dormire”». Sono state dunque le parole in musica che Mimì canta a Rodolfo a rapire l’inconsapevole bimba.
«Sono andati? Fingevo di dormire perché volli con te sola restare. Ho tante cose che ti voglio dire, o una sola, ma grande come il mare, come il mare profonda ed infinita […] Sei il mio amore e tutta la mia vita! Sei il mio amore e tutta la mia vita!» Quasi una profezia. Il canto diventa la vita della giovane soprano di Chieti che a Pesaro, al Conservatorio intitolato a G.Rossini, ha conseguito il diploma di canto.
«Il mio primissimo debutto è avvenuto a tredici anni al teatro Marrucino di Chieti con un’aria da camera di Bellini “La farfalletta”». Il ghiaccio è rotto. Paola Antonucci, che nel frattempo riscuote successi in campo nazionale con la ginnastica artistica, inizia il suo personale viaggio nella musica e il canto si trasforma da “divertissement”, gioco, in vera e propria ragione di vita. «Il mio talento di cantante è stato scoperto dall’insegnante di musica delle Scuole Medie, la mitica professoressa Elena Trabucco Grilli, che mi ha indirizzato a questa professione». Dai banchi di scuola di Chieti al Conservatorio di Pesaro, con il diploma in tasca, subito il grande salto. «Nello stesso anno in cui mi sono diplomata in canto ho fatto la mia prima audizione con il maestro tenore Luciano Pavarotti che, molto piacevolmente impressionato, m’inserisce nella lista degli artisti dell’Agenzia più importante d’Italia, la “Stage Door” presieduta da sua moglie Adua». Giunge il tempo del debutto con il primo ruolo da protagonista in un’opera. Il soprano Paola Antonucci è Gilda nel “Rigoletto” di Giuseppe Verdi. La città del debutto è Città del Messico. Ma la strada che porta alla definizione della propria identità canora è ancora lunga. C’è tanto lavoro da svolgere e altri maestri con i quali studiare. «L’incontro più significativo della mia carriera avviene con un direttore d’orchestra austriaco, il maestro Gustav Kuhn, con il quale ho poi collaborato assiduamente negli anni. Questo grandissimo, stravagante, musicista ha permesso il mio debutto in Italia in uno dei teatri più belli del mondo, il Teatro di San Carlo di Napoli, con un ruolo che sembra scritto proprio per me: Norina nel “Don Pasquale” di Donizetti». Il San Carlo è il più antico teatro d’opera attivo in Europa. Può ospitare tremilatrecento spettatori e fu costruito quarant’anni prima del Teatro alla Scala di Milano. È un debutto da vera primadonna, come solo nei sogni accade. «Un’esperienza indimenticabile. Guidata da uno dei registi più bravi in questo repertorio, il maestro Roberto De Simone. Vestita da una delle costumiste più raffinate del settore, Odette Nicoletti e con le scene di uno degli scenografi più originali, il maestro Nicola Rubertelli». Gli ingredienti per una serata indimenticabile ci sono tutti, non manca nulla. Su il sipario.
Paola è una primavera di colori e bellezza quando ricorda la cavatina di Norina, la sua entrata in scena. «L’emozione indimenticabile di quel momento: la scena che ruota ed io, con una splendida guêpière nera con i fiocchi rosa, distesa su grandi cuscini di seta; alzo gli occhi e davanti a me un teatro gremito di gente elegantissima. Un sospiro intrappolato tra il cuore e lo stomaco mi toglie perfino il fiato». Lo smarrimento dura un attimo poi la voce si libera nel teatro e gli applausi, quando l’aria è terminata, giungono puntuali e fragorosi. Dopo Norina, sempre al San Carlo, è stata primadonna in tante altre opere. “L’occasione fa l’uomo ladro” di G.Rossini, “Flaminio” di G.B.Pergolesi, “Il convitato di pietra” di G.Tritto, “Il matrimonio segreto” di D.Cimarosa, “Il mondo della luna” di F.J.Haydn, “L’Orfeo” di C.W.Gluck, “Il capriccio” di R.Strauss e il teatro napoletano non gli ha fatto mai venir meno il suo grande affetto.
La carriera di Paola Antonucci a questo punto è delineata. Il suo repertorio è ampio, spazia dal Barocco al Novecento grazie a una vocalità e musicalità affinate da un’applicazione e uno studio continuo. Ricopre ruoli sempre più impegnativi e porta la sua voce, nei teatri più importanti, in Italia e in giro per il mondo. Parigi, Nantes, Lille, Madrid, Pamplona, Bilbao, Berlino, Monaco, Francoforte, Stoccarda, Praga, Helsinki e poi ancora San Diego, Seul, Tokio. Tra i tanti personaggi interpretati due la rendono immediatamente riconoscibile: la Rosina del “Barbiere di Siviglia” di G.Rossini e Musetta né la “Bohème” di G.Puccini, interpretata lo scorso anno anche a Pescara. In questi giorni sta preparando “Una messa a quattro voci” di D.Cimarosa che la vedrà protagonista il prossimo 28 settembre a Lucca nella “Sagra musicale lucchese”, giunta alla sua 48° edizione.
Paola Antonucci, insieme a tanti suoi colleghi cantanti lirici, partecipa alla protesta per sostenere la cultura e contro i tagli effettuati al FUS, fondo unico per lo spettacolo, perché l’opera non muoia e perché e i teatri non chiudano. Organizzano “Flash Mob” per portare di nuovo il belcanto tra le persone. È paradossale come nel tempo della globalizzazione, che tutto avvicina e rende uguale, non si capisca che l’opera italiana, veicolando il buon nome del nostro paese in tutto il mondo, sia un patrimonio culturale immenso da salvaguardare e da difendere. Da introdurre, piuttosto, come materia obbligatoria nelle scuole.
«Se ci pensi quando vai ad ascoltare un’opera, c’è sempre spazio per un’emozione. Che ti fa sorridere. Che ti può far rivivere un’altra epoca. Che ti fa sognare». Sono le parole con le quali Paola si congeda da me e torna a studiare “Una Messa” di Cimarosa. Immagini, sentimenti e parole, distanti anni luce dalla rozza prosopopea del ministro Brunetta che ha definito i lavoratori dello spettacolo, «I parassiti dei teatri lirici, i finti orchestrali, i finti cantanti, i finti scenografi […] a lavorare». «A lavorare», uno slogan da stadio più che un pensiero politico, uno show di quart’ordine. E allora, con la speranza che il lavoro per i teatri lirici aumenti, lunga vita agli orchestrali, ai cantanti e agli scenografi. Lunga vita all’opera e un arrivederci a Paola Antonucci.

Condividi
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • MySpace
  • RSS

Leave a Reply