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Via d’uscita

Capita a volte di vivere serate che non t’aspetti.
Poco fuori Pescara, in un locale che ha aperto da pochi giorni, canta Ron. Mi chiama un amico e mi dice che si sono liberati due posti. Il locale non è grande, lo scoprirò più tardi, ogni spettacolo è pensato per quaranta, massimo, cinquanta persone, decido di andare. Chiamo a mia volta un amico e alle 22.45 siamo a Rosso di sera.
Quello a cui partecipiamo è il secondo set della serata, il primo c’è stato alle 21.30, il nostro inizia alle 23.00. Sembra di essere in America, in uno di quei locali dove puoi incontrare grandi artisti che suonano e cantano per pochi intimi, lontani dal clamore dei media e della pubblicità chiassosa. L’Italia dei talent show non abita qui, è lontana. Almeno per questa sera.
Puntuale, come da programma, Ron sale sul piccolo palco ricavato nel fondo del locale. Imbraccia la chitarra e comincia a cantare. Tre canzoni, una dietro l’altra senza interruzioni. Poi si ferma e comincia a parlare. Parla del suo ultimo lavoro, Way out, nato dalla necessità di stare un po’ in disparte, per riflettere. Racconta del suo viaggio alla ricerca di questa nuova musica, di nuove storie, di autori poco noti nel nostro Paese. Svela il filo rosso che tiene insieme le canzoni di Way out: un concetto, resistere. Resistere in un momento difficile per tutti che la crisi economica mondiale ha reso drammatico. Resistere alla volgarità, alla latitanza dei valori. Al rumore di fondo che ha occupato tutto. Resistere per cercare una via d’uscita.
Mentre parla mi torna in mente Francesco Saverio Borrelli, capo della Procura di Milano negli anni di Tangentopoli, e il suo: «Resistere, resistere, resistere come sulla linea del Piave». Ripetuto tre volte per fissare meglio il concetto. Ron non parla delle stesse cose ovviamente. Il «resistere» di Borrelli era un’orazione civile e collettiva in un momento difficile per la tenuta democratica del nostro Paese. Il «resistere» di Ron è invece una riflessione intima che attiene a ogni singolo uomo, a ogni singola donna, ma che esplicitata e resa pubblica attraverso la musica diviene, in ogni caso, patrimonio collettivo. Resistere dunque alla precarietà del mondo che abitiamo. Alla precarietà dei sentimenti. Edoardo De Filippo avrebbe detto: «Adda passà ’a nuttata».
Ron, Rosalino Cellamare che è su un palco dalla bellezza di 43 anni, canterà altre due canzoni del nuovo lavoro, Gran Torino e Orgoglio antiproiettile. La prima scritta da Jamie Cullum e colonna sonora dell’omonimo film di Clint Eastwood e la seconda di K’naan, un rapper somalo del sud del Mozambico.
Canta e racconta. Aneddoti soprattutto, legati al concepimento di alcune canzoni. Di quando Lucio Dalla non volle cantare Il gigante e la bambina e decisero che l’avrebbe cantata lui, il giovanissimo Ron. Di quando è nata nella testa di Dalla Henna, su un gommone al largo delle Isole Tremiti mentre il cielo era attraversato da aerei da guerra diretti nella ex-Jugoslavia.
Si percepisce che canta con voglia di cantare e di stare insieme a noi che lo stiamo ad ascoltare. Gli piace questa dimensione minimalista. Ha una voce giovane e bella. Chiara e profonda. Che arriva dentro e non ti lascia, piuttosto ti avvolge. A volte stordisce.
Con lui sul palco ci sono Giovanna Famulari, voce e violoncello e Fabio Coppini alle tasterie. Due presenza preziose, musicisti veri come Rosalino.
Il gigante e la bambina, Henna, Sabato animale, Anima, Una città per cantare, Vorrei incontrarti fra cent’anni, Piazza Grande e cinque canzoni del nuovo lavoro per una di quelle serate che non t’aspetti e che invece arrivano, a volte improvvise, ad accarezzarti il cuore.

«Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Oh ma oh il dolore che ci cambierà
E dopo chi lo sa se ancora ci vedremo e dentro quale città
Brutta fredda buia stretta o brutta come questa sotto un cielo senza pietà
Ma io ti cercherò anche da così lontano ti telefonerò
In una sera buia sporca fredda
Brutta come questa
Forse ti chiamerò perché vedi
Io credo che l’amore è l’amore che ci salverà
Vedi io credo che l’amore è l’amore che ci salverà».

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