L’ingresso a Villa Jamele è segnato da un viale di pini che scende fino ad adagiarsi, un centinaio di metri più giù, a valle. Dopo pochi passi, sulla sinistra, la palazzina gotica da cui prende il nome l’intero complesso. In fondo al viale, alla fine del declivio, l’edificio che contiene la sala Guadalajara richiama alla mente il manufatto circolare al centro del dipinto La Città ideale del 1470. A metà del viale se si piega a destra, una sorta d’ipotetico ingresso alla Biennale di Venezia accompagna nel bosco e al giardino delle essenze.
Lungo questa nuova strada, sulla sinistra una grande teca trasparente con una copertura a capriate in legno, di fianco a questa una casa bianca. Proseguendo sulla destra un campo: il campo dei miracoli. Due grandi terrazzamenti infine separano e uniscono i due piani su cui poggia tutta la tenuta.
Il campo dei miracoli è un orto. Un orto immenso disposto su file ordinate e parallele, che assecondano l’orografia del luogo. Qui Peppe Zullo coltiva di tutto. Preziosità della terra. In fondo al campo e prima che si arrivi al giardino delle essenze, le zucche. Grandi e colorate. Grandi da farti pensare alla carrozza trainata da cavalli bianchi che accompagna Cenerentola al ballo. Zucche che fanno pensare ai miracoli. Zucche che trasformano un orto in un Campo dei miracoli.
Qui Peppe Zullo ha organizzato per il quattordicesimo anno consecutivo un incontro conviviale per parlare di territorio e di enogastronomia che quest’anno, ha avuto come ospite d’onore il cinghiale. I cinghiali, quelli del Pollino e della Daunia, che sono stati la classica ciliegina su una torta che ha deliziato gli oltre trecento ospiti della prima giornata e dei quasi duecento della seconda. Nel banchetto primeggiavano i formaggi, freschi e stagionati, le verdure ovviamente. Una cucina, una maestosa Zanussi degli anni Sessanta, nella terra sul margine del campo a trasformare quelle preziosità in cibo, quei prodotti in evento culturale. Non sono mancati ovviamente i primi piatti, così come grande spazio hanno avuto dolci e gelato.
Si è mangiato dopo aver seguito due giornate intense di dibattiti intorno e sul cibo. Dibattiti, seguiti da un pubblico attento e curioso, costruiti partendo dalla centralità del territorio e delle persone che questo territorio abitano. Protagonista assoluto l’oste, che proprio il padrone di casa, Peppe Zullo, incarna alla perfezione.
Il ruolo dell’oste e della ristorazione legata a cibi non preconfezionati, ma che al contrario si realizzano con prodotti genuini e sani, frutto della terra, sono stati il filo conduttore della due giorni di Orsara di Puglia. Hanno dato il loro contributo professori universitari, giornalisti, editori, imprenditori del settore. Un momento importante che ha segnato un punto a favore per chi pensa che solo dal rispetto e dalla cura che si ha per il proprio territorio può nascere una filiera di prodotti che, trasformati o meno, garantiscono un livello alto dell’offerta. E in un mondo che è sempre più finto e vuoto, e preda dei grandi gruppi industriali anche della filiera alimentare, questa riflessione che giunge dalle colline della Daunia è una vera boccata d’ossigeno. Un evento che può avere ricadute importante se “la preziosità” di queste due giornate non viene dispersa, ma al contrario conservata e condivisa.
Gli osti, provenienti da più regioni, Puglia, Campania e Molise innanzitutto, hanno recitato un ruolo di primo, primissimo piano. Testimoni e custodi di una qualità che serve non solo alla filiera alimentare, perché il senso civico di attaccamento al territorio che hanno manifestato in questi due giorni serve all’intero Paese ed è di esempio alla classe dirigente.
E attorno agli osti, attorno alla figura di Peppe Zullo, si è creato un clima magico. Una sorta di sospensione dal tempo. Quasi che un tempo altro avesse preso il posto di quello della quotidianità cittadina che ha spesso come unico parametro di riferimento la velocità e che considera la qualità un optional. In questa sospensione l’orto si trasforma perciò in Campo dei miracoli, un luogo di armonia dove le persone s’incontrano e si scambiano emozioni, dove le magie dell’oste sotto il cielo stellato del maestro Leon Marino, t’innamorano e fanno vibrare il cuor.
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