Questo articolo è pubblicato anche sui quotidiani on line del Gruppo L’Espresso la Repubblica
A prima vista sembrano tutti uguali con coperture che lasciano passare il sole e la luce. Guardandoli con attenzione si scopre invece che non sono uguali, ma che al contrario ognuno ha una sua identità architettonica.
La prima e più immediata positiva sensazione che provo quando parte il collegamento con la diretta per le partite del mondiale, prim’ancora del fischio d’inizio e dunque prim’ancora delle giocate dei fuoriclasse che popolano questi giorni mondiali, è un senso di serenità, mutuato dal colore e dalla leggerezza degli stadi del mondiale.
A prima vista sembrano tutti uguali, sedute colorate avvolte da strisce continue anche’esse molto colorate, con coperture che lasciano passare il sole e la luce, ma non l’acqua che spesso è caduta copiosa in queste prime partite del mondiale. Guardandoli con attenzione si scopre invece che non sono tutti uguali, ma che al contrario ognuno ha un’identità architettonica propria con un disegno diverso da tutti gli altri. Si lasciano attraversare dalla luce e perciò sono tutti molto luminosi, soprattutto non sono stati disegnati e realizzati per essere i protagonisti assoluti della scena.
Contenitori che lasciano spazio al contenuto e che utilizzano la propria forma architettonica per proporre soluzioni piuttosto che atteggiarsi a star. E infatti, se dal prossimo collegamento prestate attenzione a questo aspetto, noterete che due sono le cose che colpiscono immediatamente la vostra attenzione: il pubblico e i calciatori in campo. Il disegno interno dello stadio non è dunque il disegno delle travi o la suddivisione tra i diversi settori, ma proprio le facce, le maglie dei tifosi presenti all’evento. Sono loro che colorano e, per certi versi, determinano la forma architettonica dello spazio. Con loro il verde del rettangolo di gioco e le sagome umane dei calciatori. Ovvero non prevale il contenitore sul contenuto, appunto, ma esattamente il contrario.
Questo fa sì che il primo impatto visivo ed emozionale dunque sia una festa di colori e di emozione legata proprio all’evento ludico, al gioco. È la fauna umana, colorata e gioiosa che affolla le tribune che determina questa emozione e questa gioia, è il protagonismo che queste architetture, la forma di queste architetture, regalano a chi le abita. Il tema centrale e, in qualche misura, l’indirizzo progettuale, della realizzazione di tutti gli stadi del mondiale è stata la sostenibilità. Sia per i materiali da costruzione impiegati, sia per l’ipotizzato utilizzo plurifunzionale. Per esempio per lo stadio di Cuiaba, l’Arena Pantanal, sono stati riutilizzati tutti i materiali di scarto e i rifiuti per realizzare parte delle strade di accesso così come lo stadio di Brasilia, Estadio Nacional Mane Garrincha, si fonda sulla neutralità carbonica, il riciclaggio e, soprattutto sull’accesso totale con i mezzi pubblici, confermando Brasilia come una delle città più smart di quell’area. Il riciclaggio dei materiali di scarto, da impiegare per la costruzione di strutture di supporto agli stadi o per la nuova viabilità, è stato uno dei temi unificanti che ha riguardato tutte le città interessate da questi lavori.
Tutti gli stadi sono strutture polivalenti realizzate in aree in grado di ospitare spettacoli, fiere, mostre, cinema, ipermercati, hotel oltre alla ristorazione e all’intrattenimento. Utilizzabili per tutto l’anno quando il mondiale sarà terminato e le luci della ribalta mondiale si spegneranno sul Campionato dei campionati. Ovviamente non sono mancate, anche in Brasile, le polemiche per tutta l’operazione economica che ha accompagnato questo Mondiale. In molti hanno criticato la gestione stessa delle risorse, soprattutto si è messo in discussione l’utilità stessa della costruzione o ricostruzione degli stadi. Così come sono stati criticati, e anche in maniera pesante, i tanti lavori che non si sono ancora conclusi. Ma questa, credo, sia un’altra storia.
Un argomento che sarebbe stato interessante affrontare con l’indimenticato e indimenticabile campione verdeoro, Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, conosciuto semplicemente come Sócrates. Il capitano della squadra brasiliana nei mondiali del 1982, l’inventore e leader della democrazia corinthiana, unico esempio al mondo di completa autogestione di una squadra professionistica, il Corinthians appunto, in un periodo in cui in Brasile era ancora sotto una dittatura militare. E sono certo che, indipendentemente dalle polemiche politiche che la gestione di tante risorse economiche oggettivamente generano, a Sócrates, «il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano» così come lo ha definito Pelé, la sostenibile leggerezza dei nuovi stadi brasiliani sarebbe piaciuta.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.