le mie recensioni


Visit Us On FacebookVisit Us On InstagramVisit Us On LinkedinVisit Us On YoutubeVisit Us On PinterestCheck Our Feed

Da Gerd a Thomas, la Germania e la dinastia dei Müller

Il Centro 4 luglio 2014_02

Questo articolo è pubblicato anche sui quotidiani on line del Gruppo L’Espresso la Repubblica

L’aggettivo più appropriato per descrivere la nazionale di calcio della Germania è affidabile. Affidabilità che non è frutto di sensazioni o di luoghi comuni sulla Germania, «sono seri, preparati, fanno sempre le cose per bene», in questo caso l’affidabilità discende direttamente dai numeri, numeri da record. Con 103 partite disputate in un campionato del mondo è, infatti, la prima nazionale a tagliare il traguardo delle cento gare. Ha partecipato a tutte le edizioni del mondiale fatta eccezione per la prima, quella del 1930 e quella del 1950 in cui fu squalificata. Lo score, anche in questo caso è impressionante. Per tre volte ha vinto il campionato, quattro volte è arrivata seconda, sempre per quattro volte si è classificata terza. In undici campionati del mondo è finita sul podio, tra le prime tre squadre al mondo. Detiene anche il record, insieme alla Spagna, di campionati europei, ne ha vinti tre. Una squadra sempre vincente, tanto nel calcio premoderno quanto nel calcio moderno e che da sempre s’identifica nella, ormai mitica, maglietta bianca con calzoncini neri.

Per noi italiani dire Germania, in ambito calcistico ovviamente, vuol dire Italia-Germania 4 a 3. «Partido del Siglo», la Partita del Secolo, semifinale del campionato del mondo Mexico 70, che si disputò allo stadio Azteca di Città del Messico, il 17 giugno del 1970. Una partita sulla quale è stata scritto e detto di tutto. Ci sono stati film, romanzi, tantissime trasmissioni televisive. I protagonisti di quella sfida sono passati, direttamente, dalla cronaca sportiva alla storia di questo sport.
La Germania schierava con il numero 1, Maier. Con il 7 Vogts, 15 Patzke, 4 Beckenbauer, 3 Schnellinger, 5 Schulz, 20 Grabowski, 9 Seeler, 13 Müller, 12 Overath, 17 Löhr. Ferruccio Valcareggi, il commissario tecnico della nazionale azzurra rispose con Albertosi che indossava la maglia numero1, con il 2 Burgnich, 3 Facchetti, 10 Bertini, 8 Rosato, 5 Cera, 13 Domenghini, 15 Mazzola, 20 Boninsegna, 16 De Sisti e 11 Riva.
Non figurava tra i titolari di quella sfida, il più forte calciatore italiano di tutti i tempi, il «golden boy», Gianni Rivera che entrò all’inizio del secondo tempo sostituendo Sandro Mazzola, codificando ufficialmente la staffetta azzurra. Una gara che disse poco, pochissimo, da un punto tecnico, fino al termine dei 90 minuti regolamentari che si chiuse sul punteggio di 1-1 con reti di Boninsegna all’8 del primo tempo e di Schnellinger proprio all’ultimo minuto di gioco.
La girandola di emozioni si scatena nei tempi supplementari. Gerd Müller porta in vantaggio i tedeschi al 94, risponde Burnich per l’Italia quattro minuti più tardi. È la volta di Gigi Riva, «Rombo di Tuono» così come lo ribattezzò Gioannin Brera, che al minuto 104 riporta in vantaggio gli azzurri. Ma i tedeschi non mollano la presa e al minuto 110 con l’uomo più prolifico di sempre della Bundesliga, il campionato tedesco, Gerd Müller ristabiliscono la parità. Manca poco alla fine della partita, i calciatori in campo sono stremati dal caldo e dai 2420 metri di altitudine di Città del Messico. Ed è proprio in questo frangente che una partita già indimenticabile, per il rocambolesco risultato e le emozioni che ha scatenato, diventa epica. Al minuto 111 arriva il gol del definitivo 4 a 3 per l’Italia. Lo segna il più bravo di tutti, Gianni Rivera. «Un rigore in movimento» è la definizione più utilizzata per descrivere il gol che aprì le porte della finale mondiale all’Italia. Era un’Italia che schierava contemporaneamente, sulla linea di attacco, Domenghini a destra, Boninsegna al centro e Gigi Riva sulla sinistra, con Rivera ad agire come numero 10, anche se il numero che indossò per quei mondiali fu il 14, lo stesso che sceglierà qualche anno più tardi Johan Cruijff, il «profeta del gol».
Protagonista assoluta di quella partita fu certamente Gerd Müller, un centravanti per il quale si può utilizzare lo stesso, identico aggettivo, utilizzato per la sua nazionale: affidabile. Un calciatore scaltro, velocissimo sotto porta, un vero e proprio «rapinatore» d’area di rigore. Qualunque palla vagante fosse nel suo raggio d’azione, statene certi, diventava gol. Anzi più erano «sporchi» i palloni che giungevano dalle sue parti più era sicuro che si trasformassero in gol.
Gerd Müller è il cannoniere principe del campionato tedesco con 365 gol realizzati ed è secondo nella stessa graduatoria della nazionale con 68 gol realizzati in 62 partite, con una media che supera 1 gol a partita.
Il suo Palmarès è da brividi. Ha vinto 4 campionati tedeschi e 4 Coppe di Germania. 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe dei Campioni e 1 Coppa Intercontinentale. Con la maglia bianca della nazionale ha vinto 1 Campionato d’Europa e 1 Coppa del Mondo nel 1974. La galleria delle vittorie individuali è, anche se può sembrare un eufemismo, ancor più importante. 7 volte capocannoniere della Bundesliga, 4 volte capocannoniere della Coppa dei Campioni, per 1 volta è stato capocannoniere dei Mondiali e degli Europei e per 2 volte ha vinto la Scarpa d’oro come miglior realizzatore europeo. Nel 1970 ha vinto il Pallone d’oro, il riconoscimento più importante per un calciatore.
Nel «Partido del Siglo» giocava e studiava già da capitano il «Kaiser», Franz Beckenbauer. «I tedeschi sono battuti. Beckenbauer con braccio al collo fa tenerezza ai sentimenti», sono le parole che utilizzò Gioannin Brera per descrivere il coraggio con il quale il libero tedesco restò in campo nonostante la lussazione di una spalla. Beckenbauer giocava con la stessa squadra di club di Gerd Müller, il Bayern di Monaco, e dunque ha vinto gli stessi titoli. Ha segnato, ovviamente meno gol, molti di meno, ma ha vinto un pallone d’oro in più. Il primo nel 1972 e il secondo nel 1976.
La storia vincente della Germania del calcio l’hanno scritta in tanti e in tanti anni, ma la generazione di Gerd Müller, Franz Beckenbauer, Berti Vogts, Sepp Maier, Wolfgang Overath resta una delle squadre più forti di sempre del calcio tedesco.
Un calciatore importante e che ha contributo alla costruzione della fama vincente della Germania, è ottavo nella classifica stilata dalla FIFA dei migliori numeri 10 della storia del calcio, è Lothar Herbert Matthäus. Le 150 presenze con la maglia bianca della nazionale fanno di lui il calciatore con il maggior numero di presenze. Anche lui pallone d’oro nel 1990. In Germania la maglia è sempre quella del Bayern Monaco, la stessa di Gerd Müller e Franz Beckenbauer. Le vittorie sono tante, 7 campionati tedeschi e 1 italiano, 3 Coppe di Germania, 1 Supercoppa e 3 Coppa di Lega tedesca. 1 Supercoppa anche con l’Inter. 2 volte la Coppa UEFA, una con il Bayern Monaco e una con l’Inter. Oltre al Campionato Europeo, con la maglia della nazionale ha vinto anche la Coppa del Mondo a Italia 90. Con lui hanno giocato e vinto insieme tanti trofei grandi campioni come Jürgen Klinsmann e Lukas Podolski.
Anche la squadra che partecipa al «Campionato dei campionati» di Brasile 2014 è una squadra di altissimo livello. Thomas Müller, Manuel Neuer, Philipp Lahm, Sami Khedira, Bastian Schweinsteiger, Mesut Özil e quel Miroslav Klose, unico attaccante di ruolo presente nella rosa dei 23 convocati dall’allenatore Joachim Löw, che con 70 gol è l’attaccante più prolifico di sempre della nazionale tedesca.
Thomas Müller, giovane centrocampista del Bayern Monaco, a 24 anni ha già collezionato 53 presenze e segnato 24 gol nella nazionale in maglia bianca ed è, insieme al portiere, Manuel Neuer, uno dei calciatori più rappresentativi dell’attuale squadra. Con l’avvento di Pep Guardiola sulla panchina della squadra più titolata di Germania gioca da «Falso Nueve», come si usa dire in questi ultimi tempi, dimostrando una grande intelligenza tattica e duttilità che fanno di lui uno dei calciatori più interessanti dell’intero panorama calcistico mondiale.
Da Gerd Müller e Mexico 70 a Thomas Müller e Brasile 2014 sono trascorsi esattamente 44 anni e il mondo è completamente cambiato. Ciò che non è cambiato è la bravura dei calciatori tedeschi e la loro voglia, esattamente identica a quella di 44 anni fa, di vincere.

Cruijff e il calcio totale: la rivoluzione della grande Olanda
Argentina, la terra dei numeri 10
Il calcio brasiliano da Mané Garrincha a Neymar jr
Gli stadi brasiliani e la loro bellezza lieve e incantevole
Insigne, Immobile e Verratti… è l’ora dei bambini di Zeman

Condividi
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • MySpace
  • RSS

Leave a Reply