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Il giorno prima della felicità, Erri De Luca

«Tutte le storie sono storie d’amore», scrive Robert Mc Liam Wilson in Eureka street e anche questa storia che ci racconta Erri De Luca è una storia d’amore. Un amore nato in tenerissima età, sbocciato all’alba della maturità, e consumatosi nel sangue. Un amore breve e violento. Un amore totalizzante. «La sua voce attraversò le età. Iniziò infantile e finì adulta. Quando arrivò al tu, mi toccò il braccio. Seguii la sua mano che me lo sollevava fino alla sua spalla. L’altro braccio andò da solo al giro del suo fianco: la figura d’inizio di un ballo.» Un amore che ri-emerge e che accompagna. «Ti ho aspettato fino a dimenticare cosa.» Un amore che invade. «Senti anche tu la stessa cosa, una ceralacca che chiude i bordi di una lettera?» Un amore che non ha fretta. «Sei la parte mancante che torna da lontano a combaciare.»
Con questo romanzo Erri De Luca torna alla narrazione di ampio respiro. Una narrazione epica che rievoca la nascita dell’Italia. Infanzia e giovinezza, restituite come scolpite nella pietra tanto forte è la capacità di fissare in maniera indelebile il paesaggio, i volti, perfino i sapori e gli odori. Una scrittura quasi fisica che si materializza nel gonfiore che il piccolo protagonista, “a scigna”, si ritrova nei pantaloni quando arriva in cima al Vesuvio. La sensazione di essere lì, su quella montagna, e di sentire l’eccitazione come un brivido che ti attraversa e ti pervade. Una narrazione che asseconda le aspettative, la necessità, di tornare a vivere, di un popolo intero che ha voglia finalmente di voltare pagina. Su tutto quel meraviglioso disordine organizzato che è stato il primo dopoguerra italiano.
«Napoli si era consumata di lacrime di guerra, si sfogava con gli americani, faceva carnevale tutti i giorni. L’ho capita allora la città: monarchica e anarchica. Voleva un re però nessun governo. Era una città spagnola. In Spagna c’è sempre stata la monarchia ma pure il più forte movimento anarchico. Napoli è spagnola, sta in Italia per sbaglio.»
De Luca attraversa il pensiero delle persone e sovrappone i pensieri, li giustappone, mettendoli uno accanto all’altro. Con un registro diverso compie la stessa operazione che Wim Wenders compie in Il cielo sopra Berlino quando la cinepresa inquadra in sequenza i passeggeri della metropolitana di Berlino e umori, canzoni, amori si mescolano e si fondono a creare un’atmosfera unica e irripetibile come in un’opera d’arte.
«Intanto non la chiamare gente, sono persone, una per una. Se la chiami gente non fai caso alle persone.»
C’è il riscatto della persona, delle persone. Qui prendono il posto e sostituiscono la gente. Quella gente, massa indistinta che tanto piace a capipopolo da quattro soldi che hanno abitato Napoli e l’Italia e che continuano ad abitarla ancora in questo ultimo tempo. Un tempo volgare e cialtrone. Spesso indecente.
Un romanzo popolare nel senso più autentico del termine, nel quale è possibile scendere talmente giù, se solo lo si vuole, fino a trovare l’anima napoletana e l’essenza vera della città.
«La luce del giorno accusa, lo scuro della notte dà l’assoluzione…È una tasca rivoltata, la notte nella città…Di notte la città è un paese civile…La città sotto ha il vuoto, quello è il suo appoggio. Alla nostra massa di sopra corrisponde altrettanta ombra. È quella a reggere il corpo della città.»
Una città che Don Gaetano, portinaio che come un personaggio di Ferzan Optezek pur non muovendosi mai dal suo gabbiotto tutto vede e tutto sa, svela a piccole dosi ad “a scigna” che così come Dante trova nell’anziano anfitrione il suo Virgilio. Un Virgilio napoletano che accompagna il piccolo protagonista nel viaggio più importante per ognuno di noi: la scoperta della vita.
Un romanzo popolare capace di parlare al popolo e alla borghesia, un ponte per accorciare la distanza che c’è stata e c’è tra queste due culture.
«Per forza vuoi trovare un santo. Non ce ne stanno e nemmeno diavoli. Ci sono le persone che fanno qualche mossa buona e una quantità di cattive. Per farne una buona ogni momento è giusto, ma per farne una cattiva ci vogliono le occasioni, le comodità. La guerra è la migliore occasione per fare fetenzie. Dà il permesso. Per una buona mossa invece non ci vuole nessun permesso.»
E come in un romanzo popolare c’è una grande alternanza di sentimenti, a volte un forte contrasto, e c’è la politica. Il registro cambia velocemente e si passa dai giochi innocenti dei bambini «Inventavamo il calore e ci facevamo le risate. Bastava uno a strillare: o muntone, e subito si faceva il mucchio, tutti addosso»; a riflessioni freudiane «Un bambino che cresce senza una carezza, indurisce la pelle, non sente niente, neanche le mazzate». Da riflessioni antropologiche «Il popolo fa la sua mossa, ma poi subito si scioglie, ritorna a essere folla di persone. Corrono ai fatti loro ma più spiritosi, perché le rivolte fanno bene all’umore di chi le fa»; a riflessioni politiche «C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, e però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori».
Ma è nella scrittura, oltre il significato stesso delle parole, che De Luca esprime il meglio di sé. Insegue «ciascuno dei singoli atti con cui l’individuo realizza la sua facoltà del linguaggio» e li ordina, uno a uno. E quando interagisci e ti lasci attraversare da questo flusso ininterrotto di parole, di vita e di sangue, quando sei al giorno prima della felicità è come scorgere l’arcobaleno dopo un temporale.
«Lo scrittore deve essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell’abbondanza che trabocca oltre lo scrittore.»
E qui l’abbondanza c’è. L’incontri.

Titolo Il giorno prima della felicità
Autore Erri De Luca
Editore Feltrinelli
Anno 2009

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