La forza evocativa delle parole di Márquez conduce direttamente sul luogo dove si svolgono i fatti. Una scrittura ricca. Il racconto si sviluppa e cerca spazio tra le descrizioni che sono minuziose, raffinate, uniche. E dunque, tra una descrizione l’altra, si appalesano prendono corpo e vita, Ana Magdalena Bach, sua madre, l’isola sulla quale è sepolta, i gladioli, i suoi, occasionali, amanti.
Gabriel García Márquez possiede una grande qualità, tra le altre, vedere attraverso le parole. Un’attitudine che informa tutti i suoi libri precedenti unita alla capacità di catturare e fissare su carta, in modo esemplare, tutto ciò che i suoi occhi vedono. Nella sua lirica sono i luoghi e le atmosfere che creano e determinano i personaggi. È la scena fissa il principio da cui tutto muove. La reiterazione il porto sicuro dell’attracco e della ripartenza verso luoghi e atmosfere nuove, eppure sempre uguali.
«Il piano iniziò il Chiaro di luna di Debussy in un azzardato arrangiamento per bolero, e la ragazza mulatta lo cantò con amore. Commossa, Ana Magdalena Bach ordinò un gin con ghiaccio e soda, l’unico alcolico che sopportava bene. Il mondo cambiò fin dal primo sorso. Si sentì maliziosa, allegra, capace di tutto, e imbellita dalla mescolanza sacra della musica con il gin […] Al secondo bicchiere lei sentì che il brandy aveva incontrato il gin in qualche parte del suo cuore, e dovette concentrarsi per non perdere la testa. La musica finì alle undici e l’orchestra aspettava soltanto che loro se ne andassero per chiudere».
La traduzione di Ci vediamo in agosto è di Bruno Arpaia
Gabriel García Márquez, Ci vediamo in agosto, Mondadori, Milano 2024
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