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Maradona by Kusturica

Questo articolo è pubblicato anche su gazzetta.it

Maradona by Kusturica è un film ispirato. Il regista di Underground capisce che non si può costruire una sceneggiatura per raccontare il Pibe de oro perché nessuna finzione sarebbe capace di catturare le mille sfaccettature del fuoriclasse argentino. Per questo motivo il film è una lunga intervista con dentro la vita, di uomo e di calciatore, di Diego Armando Maradona. Un viaggio privato che in alcuni passaggi diviene perfino intimo, nell’universo del calciatore più forte di tutti i tempi.

E come Virgilio, Emir accompagna Diego per mano nell’attraversare i gironi del suo inferno. Inferno che diviene per un attimo la sua tomba quando tutto attorno diventa nero e risalire sembra impossibile.
C’è ovviamente anche una dimensione ludica in questo viaggio che trova la sua sublimazione nello stadio della Stella Rossa di Belgrado. Sul quel campo di calcio si appalesa il bambino che è in ognuno di noi quando Emir e Diego, dopo aver calciato alcune punizioni, sudati, si abbracciano e parlano di calcio. È uno dei momenti più belli di tutto il film.
«Sai che giocatore sarei stato se non avessi tirato cocaina? Avrei potuto essere molto di più di quello che sono[…] Io sono la mia colpa, e non posso rimediare», dice Diego. Parole che descrivono un uomo che si è guardato molto in profondità. Parole che ci attraversano per la loro durezza e tristezza. Tristezza che si acuisce quando Diego si apre fino ancora, «Possono dirmi che sto meglio, però nessuno è dentro di me.»
C’è stima tra i due, si percepisce.
«Sono un idealista. Per me Maradona sarà sempre più grande dell’effetto che le droghe hanno avuto su di lui. È un artista. Essere un artista significa andare al di là dei propri limiti. Questo non ha nulla a che vedere con questa società che ti mette su un piedistallo per poterti poi distruggere e seppellirti.»
Sono le parole che Emir Kusturica indirizza a Diego.
Torna il calcio giocato e torna il Maradona che ci entusiasma. La sua carriera corre veloce e le immagini di gioie e esultanze si sovrappongono ai quartieri popolari di Buenos Aires, la sua Villa Fiorito, o a quelli di Sarajevo. Il gol all’Inghilterra, la mano de Dios, passa e ripassa davanti ai nostri occhi a ricordarci, in maniera ossessiva, che stiamo assistendo alla messa in scena della vita del più grande calciatore di tutti i tempi.
Darwin Pastorin, nel libro che accompagna il film scrive, «Emir Kusturica ti ha raccontato con la tenerezza di un fratello maggiore. E io, nel rivederti, mi sono commosso, come a un film sull’amicizia, sulle cose che potevano essere e non sono state, sulla bellezza troppe volte offesa.»
Quella bellezza che ritroviamo nella scena finale del film con Manu Chao che dedica al Pibe de oro una bellissima ballata, Si yo fuera Maradona che fa più o meno così: «Se io fossi Maradona/perso chissà dove/se io fossi Maradona/vivrei come lui.»
Diego Armando Maradona è di fronte a lui e lo ascolta, in piedi. Mani in tasca e occhiali neri. Piange e non fa nulla per nascondere quelle lacrime. Vero sino in fondo, vero fino alla fine.

Titolo Maradona
Autore Emir Kusturica
Editore Feltrinelli
Anno 2008

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