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Egitto. Tesori sommersi

L’Egitto e i faraoni, le piramidi con i misteri che gelosamente custodiscono, sono per noi, sin dai primi anni della nostra vita, elementi di grande fascinazione. Alessandria d’Egitto, Heracleion, Canopo, nomi che evocano mistero e, con il mistero, fascino. Città scomparse o sommerse da più di duemila anni. Oltre 500 reperti archeologici ritrovati nella zona del Delta del Nilo costituiscono il cuore della mostra Egitto. Tesori sommersi. Allestita alla Reggia di Venaria, come unica tappa italiana di un percorso che ha sedotto e affascinato tutta l’Europa, Berlino, Parigi, Bonn e Madrid, ha fatto registrare in poco meno di un mese nella residenza di piacere e di caccia progettata dall’architetto Filippo Juvarra, quasi 60.000 presenze.

Più che una mostra è un’immersione in una dimensione e un mondo altro. Un viaggio tra oggetti riemersi dal profondo del mare che ci parlano della cultura e della bellezza di un popolo. E come sempre accade quando attraversiamo la cultura egiziana, siamo costretti a confrontarci con una delle poche certezze della nostra vita: la morte.
Ma andiamo con ordine e ritorniamo a un giorno del 1991 quando l’archeologo Frank Goddio a capo di una squadra che comprendeva scienziati, storici, egittologi, fotografi, con l’Istituto Europeo di Archeologia Subacquea (IEASM) cominciò a riportare alla luce i tesori che oggi possiamo ammirare a Torino. Un lavoro lungo e paziente iniziato trent’anni prima grazie alla scoperta casuale di una grande statua nelle acque del porto di Alessandria d’Egitto da parte di un sommozzatore principiante. E proprio Frank Goddio è il curatore della mostra che oggi è possibile ammirare a Torino, l’allestimento invece è di Robert Wilson. Quando incontriamo Robert Wilson è sempre riduttivo parlare di allestimento o di regia. Wilson è un artista che si esprime attraverso molti registri. La sua duttilità, unità a una curiosità estrema, lo ha portato a collaborare con tanti artisti, Allen Ginsberg, Tom Waits, David Byrne, William S.Burroughs. Con Philip Glass ha realizzato quel capolavoro che è Einstein on the beach. Wilson non allestisce, mette in scena. Per questa occasione ha chiamato la sua amica Laurie Anderson a comporre la musica, colonna sonora della mostra. Una musica per ogni ambiente per permettere allo spettatore di “concentrarsi e vedere le opere”. Per entrambi il centro dell’interesse è uno scorrere del tempo altro, si potrebbe definire lentezza, ma non lo è. La mostra è un viaggio nello spazio e nel tempo che l’allestimento/regia di Robert Wilson e la musica di Laurie Anderson, plasmano e assecondano. Un viaggio in cui contano solo le emozioni.
Un tunnel nero, Ocean corridor, inondato dalla musica ti accoglie e ti accompagna in quella che possiamo considerare una vera e propria immersione, che se ci si lascia trasportare, separa dal mondo reale e conduce in una nuova e diversa dimensione di cui hai una reale consapevolezza quando ti trovi catapultato nel Contemplation space, davanti alla stele di Tolomeo VIII Evergete II, uno straordinario monumento ritrovato nella città di Heracleion. La stele alta 6,10 metri e larga 3,10 m, è di granito rosa e pesa 15, 7 tonnellate. Siamo adesso in un ambiente ovattato dove il rosa, che emerge e si fa largo nella pietra, media il passaggio estremo tra il nero e il bianco. La musica accompagna questo nostro andare e modifica la percezione stessa dello spazio. Avanziamo e d’improvviso siamo inondati dal blu. Il ritmo della musica aumenta e una processione di dei, re e regine sembra travolgerci: siamo nella foresta sommersa, Sunken forest. Una vera rappresentazione scenica che toglie il fiato. È archeologia e nello stesso tempo arte contemporanea. E quel blu e quel nero insieme ti danno la sensazione di essere davvero sotto il livello del mare. Spazi creati dalla luce, dove le figure partecipano, con la luce e la musica, alla rappresentazione del tutto. Gli elementi messi in scena vengono come generati dalla luce che ne fissa una volta per sempre le caratteristiche e ne determina le facce, gli sguardi, da proporre allo spettatore. Un’alternanza di pieno e vuoto, bianco e nero e blu, trasparenza e matericità. Un allestimento minimalista, forte e discreto da essere quasi una mostra nella mostra, un viaggio nel viaggio. Quella luce e quel bianco e quel nero e quel blu, evocano. Evocano ciò che non c’è e che ti pare di vedere e nello stesso tempo esaltano e rendono protagonisti assoluti della scena i tesori sommersi d’Egitto. Il silenzio e la musica e la luce e poi di nuovo la musica, il nero e il blu ti avvolgono e ti aiutano a viaggiare con la mente nello spazio e nel tempo. E dopo la processione e i re e le regine, eccoci nell’Alveare delle meraviglie. La luce, questa volta bianca, è con i piccoli, piccolissimi, oggetti, e il suono di scalpelli e martelli un tutt’uno e sembra arrivare da lontano. Lo stupore continua nella sala delle Sfingi. Lo spazio muta ancora. Pareti di tulle racchiudono statue che provengono da Alessandria, Canopo, Heracleion. Sono tante, tutti uguali eppure tutte diverse per come il mare le ha conservate. Al centro della sala racchiuse e avvolte da una trama delicata di bianco, guardano, immobili, e lasciano intravedere i contorni del corpo modellati dalla luce che ne ha decreta la forma. Qui il viaggio rallenta la sua corsa per fermarsi, quasi, nella stanza successiva, Liquid space. Amuleti e piccole statue, unguenti e profumi rituali, incenso e specchi, raccontano della religiosità e dei riti per omaggiare e purificare gli spazi sacri. Torna il bianco che disegna il profilo sinuoso dello spazio Waves power, onde. Contenitori trasparenti avvolti nel bianco custodiscono e nello stesso tempo svelano teste di sfingi provenienti da Canopo. Siamo quasi all’epilogo della nostra immersione. Lo spazio ridiventa buio e sinuoso. Piccoli oblò contengono ami, chiodi, strumenti della vita quotidiana. È un passaggio in apnea che ti conduce nell’ultima sala: Queen’s dream. La sala della regina. Uno spazio rarefatto con piccole sfumature di blu accoglie la statua di una regina. Come appena uscita dalle acque di un bagno rituale, indossa una tunica che aderisce al corpo mostrandone le generose forme. Potrebbe essere la regina Arsinoe II considerata la reincarnazione di Afrodite, dea della bellezza, protettrice della fecondità, degli  esseri umani e signora del mare.
Con l’immagine di Arsinoe II negli occhi lasciamo l’Egitto e il suo tempo e torniamo a Torino e al nostro tempo.
Certo Torino è lontana. Ma pensate che con poco più di 700 km avete la possibilità di incontrare il fascino e i segreti dell’Egitto. Alessandria, Heracleion, Canopo e i tesori che il Nilo ha custodito per quasi 2000 anni. Farete un viaggio che vi porterà dal 700 a.c. fino all’800 d.c. Un viaggio nello spazio e nel tempo che il bianco e il nero e il blu di Robert Wilson e le fascinose melodie di Laurie Anderson renderanno indimenticabile. Forza allora, è ora di partire. Che il sogno cominci.

Egitto. Tesori sommersi
7 febbraio – 31 maggio 2009
Reggia di Venaria – Scuderie Juvarriane

a cura Franck Goddio
allestimento Robert Wilson
musiche e ambientazione sonora Laurie Anderson

Orari
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì: 9.00-18.30
sabato: 9.00-23.00
domenica: 9.00-20.00
lunedi: chiuso tranne i festivi.

Per informazioni +39 011 4992333
www.lavenariareale.it

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