Solo me ne andavo per la città. Era domenica e Roma era bella e assolata. Poca gente per le strade, un caldo già molto estivo. Una serata da trascorrere senza nessuna idea da spendere. Dopo una breve sosta in albergo decido per l’Auditorium. Quello di Renzo Piano. Uno dei pochi luoghi di Roma in cui sei europeo o americano comunque non provinciale. Non che Roma non sia bellissima. Anzi. È una città meravigliosa, senza tempo. Una città straordinaria che però ha fermato le lancette del suo orologio qualche secolo fa. O meglio la spinta propulsiva e la capacità d’innovare che ha avuto fino alla soglia del ‘900 si è scontrata con quel Paese di cialtroni che è diventata l’Italia. L’Italia di oggi. Incapace di essere all’altezza del suo passato e soprattutto di produrre innovazione, ricerca e idee. Ma tant’è.
Arrivo all’auditorium con questi pensieri nella testa. C’è poca gente. Non ho mai visto le sale dall’interno, ho sempre e solo passeggiato all’esterno. Questa sarà la serata della prima volta. Alle casse non c’è molta fila. Quando sono davanti al vetro che mi separa dalla signorina che dovrà farmi il biglietto, tergiverso.
«Prego, che spettacolo?»
«Non saprei. Cosa c’è oggi?», rispondo.
«Stasera c’è un unico spettacolo? Nobraino»
«Bo che?», gli faccio con una faccia incredula.
«Se prende la guida generale trova una descrizione dell’evento?»
«No, no. Va bene così. Mi faccia un biglietto per i Boscaino», e metto una mano in tasca per prendere i soldi.
«Ecco. Dodici euro. In ogni caso si chiamano Nobraino.»
Non m’interessa ascoltare musica. Voglio vedere queste benedette sale progettate da Renzo Piano.
Nell’attesa bevo un’aperol e subito dopo faccio un giro in libreria.
Il percorso che porta dove è previsto lo spettacolo e lungo e poi fa freddo. L’aria condizionata sembra essere al massimo. Quando sono nella sala, grande delusione. È una sala relativamente piccola. Con quasi trecento posti a sedere e le sedie sono delle sedie normali, anzi più brutte e scomode di quelle che ho a casa mia. Sembra più una sala prove che una vera e propria sala per concerti con il pubblico. Non ci sono neanche le famose vele sul soffitto. per l’acustica. Una delusione. Una gran delusione. Manca poco più di mezz’ora all’inizio del concerto e sto pensando seriamente di andare via. Ma mentre sto per uscire arriva una telefonata. Resto al telefono per tutto il tempo che mi che mi separa dall’inizio del concerto e quando le luci in sala fanno posto al buio e alle luci di scena sono costretto a tagliare la telefonata. Mi siedo e senza aspettarmi nulla di buono fisso il palco.
«Non dire agli altri che io ti voglio bene
perché son stupidi e non capiranno mai
e poi se ridono io gli farò male
ti ferirebbero e non lo sopporterei
allora ascoltami bambina non parlare
nasconderemo il tuo grembo e il nostro amore
finché un bel giorno ti porterò all’altare
prima le nozze poi la maternità […]»
I Nobraino irrompono sulla scena e la catturano così come catturano tutti i presenti compreso me, ovviamente. La voce di Kruger è potente e vibra. Ha una carica che ti avvolge e vorresti ascoltarlo all’infinito. Nestor, Barto e Vix completano il gruppo suonando con grande passione ma soprattutto si percepisce che si divertono. Lo spettacolo corre via veloce. Alla musica e alla voce di Kruger si giustappongono attori e acrobati che rendono l’atmosfera vagamente felliniana. Ci sono anche le cover. Molto particolari e tutte da ri-ascoltare.
Il concerto finisce presto. Troppo presto.
All’uscita cerco la ragazza che vende i cd del gruppo. Faccio fatica a trovarla perché è proprio all’uscita dell’Auditorium, forse per via della scatola di cartone bianco, molto informale, in cui sono i cd. In macchina ri-ascolto Cecilia, e prima di arrivare in albergo sono già un fan dei Nobraino.
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