Ascoltare Berlusconi parlare in pubblico, soprattutto quando tiene comizi, è un’esperienza esilarante. Un vocabolario scarno, popolato di pochi, pochissimi vocaboli, ma soprattutto una povertà di linguaggio che testimonia di un uomo ignorante, intimamente ignorante. Nella storia dell’Italia repubblicana sarà ricordato certamente per essere stato il più ignorante tra i Presidenti del Consiglio. Almeno fino a oggi, A.D. 2011.
In attesa della prossima castroneria, tralasciando la solita litanìa che prevede in ordine di apparizione comunista, gay, non mettiamo le mani in tasca agli italiani, nel weekend, non potendo organizzare bunga bunga, ha tenuto due comizi. In uno di questi si è lanciato contro la scuola pubblica e gli insegnanti. Queste le sue parole.
«Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori».
Un’affermazione generica e priva di significato. Un uomo di governo dovrebbe sempre motivare le sue affermazioni altrimenti, e questo è sicuramente il caso, abbiamo tutte le ragioni per affermare che siamo al cospetto di un’analfabeta di governo.
Berlusconi non ha né la statura morale tantomeno la preparazione culturale per fare un’affermazione del genere. Un uomo costretto a pagare ragazze poco più che maggiorenni, nel migliore dei casi, anche solo per restare a cena con lui non può parlare di valori e di famiglia. Così come una persona che si vanta di non leggere un libro da più di trent’anni, è una sua affermazione, non può avere la presunzione di parlare di scuola.
Se volesse interrompere l’astinenza, di lettura, gli consiglio un libro di Erri De Luca, s’intitola Il giorno prima della felicità. Per farlo appassionare una piccola anteprima.
«C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, e però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori».
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