Nel 1976 quando il PCI sembrava potesse vincere le elezioni politiche in Italia, Indro Montanelli, da molti ritenuto il più grande giornalista italiano, scrisse una frase divenuta celebre: «Turiamoci il naso e votiamo DC». Qualche anno più tardi, esattamente diciassette, utilizzò lo stesso concetto per invogliare i suoi lettori a votare Formentini nel ballottaggio con Dalla Chiesa nella corsa a sindaco di Milano. Turarsi il naso la prima volta dunque servì per non far vincere il PCI, la seconda per non far vincere la coalizione di centrosinistra. Sempre dalla stessa parte dunque, a destra dello schieramento politico italiano, nel campo dei conservatori direbbero a Londra o a Washington.La differenza più grande tra i progressisti e i conservatori, una sorta di precondizione richiesta, risiede proprio in questa semplice affermazione di Montanelli. I conservatori preferiscono tutelare e preservare lo status quo, i progressisti prefigurano nuovi scenari per spostare, scusate la cacofonia, progressivamente in avanti l’asticella delle conquiste sociali della collettività. In questo senso e riferendomi all’affermazione di Montanelli, il conservatore può decidere di votare anche contro o semplicemente per non far vincere l’avversario, il progressista vota sempre per far vincere il proprio candidato. Per usare una metafora calcistica direi che il conservatore gioca all’italiana, catenaccio e contropiede, mentre il progressista gioca all’olandese, calcio totale e senza ruoli predefiniti.
Anche per queste ragioni voterò per il centro sinistra, per Pierluigi Bersani e Nichi Vendola, senza turarmi il naso. Il mio sarà un voto convinto e deciso, perché mi convincono i progetti di Bersani e Vendola e, soprattutto, perché mi fido di entrambi.
Con la stessa convinzione e sicurezza penso che dopo il voto e quando il centrosinistra sarà al governo del Paese, servirà una grande opera di rinnovamento della classe politica e dirigente proprio a partire dal nostro campo.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione copernicana.
Servono donne e uomini nuovi a cui affidare la gestione dei o, meglio ancora, del partito dei progressisti italiani. Occorre rimettere al centro dell’agenda politica, prim’ancora degli interventi di risanamento economico o di politiche del lavoro, valori come l’onestà e smantellare il sistema della cooptazione per dar spazio, in tutti i luoghi dove si prendono decisioni, alla meritocrazia.
Il nostro paese è alla deriva. Una deriva morale prim’ancora che economica ed è dunque proprio da qui che Bersani e Vendola devono far ripartire l’Italia. E proprio su questo che saranno giudicati fina dalle prime scelte che opereranno. Scelte che riguardano la vita di tutti i giorni, ma che riguardano anche la politica in senso stretto. La composizione della squadra di governo per esempio e la scelta del nuovo Presidente della Repubblica. Occorre una forte discontinuità con il passato. Una discontinuità netta con i governi precedenti, ma anche una discontinuità netta dalla stessa gestione del centro sinistra.
Non sarà facile cambiare registro in maniera così radicale, ma è necessario altrimenti il Paese non riuscirà a riemergere da un buio che dura da più di vent’anni e la prossima volta non basterà turarsi il naso, perché non avremo più niente da tutelare.
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