Quando dovevi aspettare le 18.10 per vedere i gol della domenica calcistica la televisione era in bianco e nero. Si aspettava impazienti la sigla tarattattattatarattatarattattatatà…e quando appariva 90° sullo schermo, la faccia tranquilla e sorridente di Paolo Valenti, che officiava quel rito, era il lasciapassare per vedere finalmente i gol di Giggiriva, scritto e pronunciato senza soluzione di continuità, noto anche come Rombo di tuono, di Gianni Rivera, l’abatino come lo aveva soprannominato Gianni Brera, di Pietro Anastasi e Sandro Mazzola.
Luigi Necco da Napoli, Giorgio Bubba da Genova, Piero Pasini da Bologna, Gianni Vasino da Milano, Beppe Barletti da Torino, Marcello Giannini da Firenze solo alcuni dei giornalisti che fanno parte dell’immaginario collettivo di ogni appassionato di calcio. Valenti leggeva i risultati della giornata e in rapida sequenza la classifica. Senza altri commenti si collegava con i primi campi di gioco. Si partiva dalle partite meno importanti per arrivare alle squadre più seguite in chiusura. Ma l’attesa per vedere finalmente le azioni in movimento non era finita. Quando iniziava il collegamento l’inquadratura era fissa sulla faccia del cronista che, senza immagini alle spalle, spiegava l’andamento della partita. Solo dopo, e non prima delle 18.25/18.30 arrivava la prima azione sugli schermi. A quel punto, la tensione si scioglieva e cominciavano i primi commenti. Uno spettacolo costruito esclusivamente sulle partite di calcio e il professionismo dei giornalisti. Non c’erano scenografie spaziali, tantomeno abiti di due taglie più piccole a fasciare, come mummie, i corpi di improbabili giornaliste da mostrare a un pubblico svogliato e volgare al pari degli autori dei tanti, inutili, programmi che oggi popolano i palinsesti televisivi.
Parlavano le immagini, e quando la partita non offriva spunti particolarmente interessanti, mi ricordo degli 0 a 0 talmente noiosi che al confronto trasmissioni come Tribuna politica di Ugo Zatterin diventavano cabaret, ci pensavano i giornalisti ad animare il collegamento in video con disquisizioni dialettiche che sono entrate nella storia del costume di quegli anni.
In questo senso quella trasmissione, 90° minuto, deve molto a un giornalista che è morto ieri, Tonino Carino da Ascoli, che per un breve periodo è stato anche caporedattore della sede Rai dell’Abruzzo. Insieme ai famosi calzini rossi di Costantino Rozzi, che ci ha lasciato qualche anno fa, indimenticato e indimenticabile presidente dell’Ascoli che si affacciava in quegli anni per la prima volta in serie A, Tonino Carino è e resterà un’icona di quella televisione e di quel calcio. Una televisione pensata e gestita da dirigenti seri (non si chiamavano ancora manager) e un calcio non drogato da alchimie finanziarie ma popolato da gente per bene. Di quel mondo faceva parte anche Tonino Carino. Un calcio lontano anni luce da quello di oggi. Quando era tutto in bianco e nero ma il mondo ci sembrava a colori, e si potevano mangiare anche le fragole.
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