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Casillas, Iniesta e gli errori di Vicente del Bosque. E l’ombra di Mou.

Il mondiale di calcio che si è appena concluso è forse uno dei più modesti, da un punto di vista tecnico e tattico, che si siano mai svolti. Lo spettacolo offerto dalle squadre partecipanti è stato scarso, scarsissimo. Pochissime note positive anche dalle prestazioni di singoli calciatori. Forlan, Sneijder, Villa, Müller, Casillas, Robben le eccezioni. Anche la classe arbitrale esce ridimensionata dal mondiale sudafricano, errori di valutazione evidentissimi hanno infatti accompagnato le prestazioni delle ex giacchette nere. L’arbitraggio della finale da parte di Webb, al pari del livello di gioco della finale stessa, è stato mediocre.
Ha vinto la squadra migliore. La squadra che ha cercato attraverso il gioco anche il risultato. Forte dell’impostazione tattica di Pep Guardiola, la nazionale spagnola ha schierato una formazione che per sette/undicesimi era quella del Barcellona, il selezionatore Vicente del Bosque è riuscito comunque a commettere almeno due gravi errori che potevano costare la vittoria finale alla Roja.
In primo luogo l’utilizzo “fuori ruolo” di Iniesta, forse il miglior calciatore dell’intero mondiale. Utilizzato prevalentemente sulla fascia sinistra, Iniesta non è stato mai in grado di fare la differenza. Condizione che invece puntualmente si è verificata quando assumeva una posizione più centrale, determinata dai cambi in corsa, dieci metri davanti a Xavi. Il secondo clamoroso errore è aver utilizzato Xavi Alonso e non Cesc Fabrebas. Anche in questo caso i pochi minuti disputati nella finale dal talento spagnolo che gioca nell’Arsenal, testimoniano la bontà del ragionamento.
Discorso a parte merita Casillas. Ha disputato un ottimo mondiale ma, soprattutto, ha saputo rispondere alle critiche che gli erano state mosse, con parate che hanno determinato, al pari delle reti di David Villa, la vittoria finale.
La Spagna così dopo la vittoria dell’Europeo e la “tripleta” del Barcellona di due anni fa si afferma come la squadra più forte del mondo. Una squadra pressoché imbattibile che fa dell’organizzazione di gioco la sua ragion d’essere e la sua cifra stilistica. Con il recupero di Fernando Torres e l’utilizzo a tempo pieno di Cesc Fabregas il margine di crescita di questa squadra è ancora molto alto e eleva la Spagna a squadra da battere per i prossimi quattro anni.
Un ultimo appunto riservato all’allenatore neo campione del mondo, Vicente del Bosque che il giorno precedente alla finale ha dichiarato: «Non credo che l’Olanda domani (ieri, ndr) giochi come l’Inter di Mourinho e si metta ad aspettarci indietro. L’Olanda gioca un calcio offensivo simile al nostro e non ritengo abbia intenzione di snaturare le sue caratteristiche. Ha giocatori con molta qualità e rapidi, che pensano soprattutto a verticalizzare»
L’Olanda non ha giocato come l’Inter di Mou e questa è stata la fortuna della Spagna e di Del Bosque. L’Inter di Mou è l’unica squadra al mondo che è riuscita negli ultimi due anni a battere lo squadrone iberico, è bene ricordare infatti che il Barcellona se avesse eliminato la squadra di Milano in semifinale probabilmente avrebbe rivinto la champions league. Nelle due partite di semifinale la squadra di Mou ha dato una lezione di calcio sulla quale Del Bosque farebbe bene a meditare. Nel calcio come nella vita del resto è più difficile saper vincere che saper perdere.
Last but not least, l’Italia. Si potrebbe chiosare il colonnello Bernacca quando annunciava le temperature: Italia non pervenuta. Finalmente l’era di Lippi è alle nostre spalle, personalmente la ricorderò come un incubo. Da oggi tocca a Prandelli e che Prandelli sia.

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