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Dico tutto. E sa fa caldo gioco all’ombra, Antonio Cassano

La storia calcistica di Antonio Cassano, forse, è ancora tutta da scrivere, e per questo motivo è presto per commentarla. Della sua vicenda umana invece si può parlare e questo libro ci offre una buona occasione.
A partire dal titolo, Dico tutto, ci si aspetterebbe l’ennesima cassanata e invece non è così.
Antonio Cassano è un fuoriclasse autentico e su questo non ci sono dubbi, ma che fosse un ragazzo con le idee chiare e più maturo della sua età, in molti, a partire da chi scrive, non lo sapevano.

Il libro parte dal giorno della sua seconda nascita, il 18 dicembre 1999.
«Era l’una di notte, e la mia vita era appena cambiata. Sul tabellone dello stadio c’era ancora scritto il risultato: Bari-Inter 2 a 1. Io ero nel traffico. Pazzesco. Un’ora e mezzo c’ho messo per tornare a casa mia, Bari Vecchia, in macchina con Beppe Pozzo, il mio procuratore. Gli dicevo di correre, che volevo rivedere il gol, ma niente da fare. Man mano che camminavamo il traffico aumentava, diventava pazzesco entrando nel Corso, quello che a bari separa, in dieci metri, i ricchi dai poveri. Entrando verso via San Bartolomeo, la viuzza dove abitavo, diventa impossibile procedere. L’intera città era lì, per me.»
Da quel giorno, da quella notte, ha inizio una nuova vita per fantantonio. Il mondo si accorge di lui e lui capisce gli si sono aperte le porte di una vita diversa rispetto a quella vissuta fino a quel giorno.
«A oggi mi sono fatto diciassette anni da disgraziato e nove da miliardario. Me ne mancano ancora otto, prima di pareggiare.»
Un Cassano che non ti aspetti è il vero scoop che propone questo bel libro scritto dal fuoriclasse di Bari Vecchia con l’ausilio di Pierluigi Pardo. Un Cassano che non dimentica il suo passato, i suoi amici, le sue radici.
«Tra i mie amici c’era Remì. Più di un amico, un fratello. Venne ucciso a diciotto anni, nel giorno di Santa Maria, il 10 settembre del 1998. Mi manca. Viveva con me e da un giorno all’latro non me lo sono più trovato accanto. Non era il solo.
Michele Fazio consegnava pizze a domicilio, morì per una pallottola vagante. So che era un mio tifoso, e che quelle poche volte che ci eravamo incontrati non aveva avuto il coraggio di chiedermi l’autografo. È morto che aveva sedici anni, quando io ero già a Roma. Con il passare del tempo mi sono accorto che quell’autografo serviva a lui ma soprattutto a me. E vorrei farglielo, perché anche se non era un amico che vedevo tutti i giorni, mi voleva bene e il modo in cui tutto è finito è assurdo.»
E ricordando il passato riemergono vecchie ferite mai rimarginate, un’infanzia difficile vissuta senza la figura paterna e in cui la strada era la sua casa. Una vita difficile dove i rapporti umani hanno un posto di primo piano e dove l’orgoglio di appartenenza è una spinta a fare bene.
«[…] la mia terra, il Sud, la radice che ho dentro. Sono orgoglioso di esserci nato anche se è tanto che non ci vivo. Per me onestamente il Sud vince 10 a 0 con il Nord. Si vive in posti più belli, il rapporto umano generalmente è più vero.
Da noi quasi sempre le cose si dicono in faccia anche a costo di ferirsi. Il problema è che nessuno è diplomatico, tutti facciamo casino, pensiamo solo a noi stessi, mentre lì sono furbi, organizzati e le cose funzionano meglio. Ma io sono comunque fiero delle mie origini.»
La sfida con la vita, che per chi nasce povero e al Sud è “la sfida”, Antonio Cassano l’ha vinta e l’ha vinta alla grande.
Per l’altra, quella professionale, Genova calcisticamente può essere per lui ciò che è stata per Roberto Mancini. E non ci potrà essere nessun Marcello Lippi a offuscare la classe pura e cristallina di Antonio Cassano che, come tutti i grandi fuoriclasse di ogni epoca, a vederlo giocare fa bene agli occhi e al cuore.

Titolo Dico tutto. E se fa caldo gioco all’ombra
Autore Antonio Cassano
Editore Rizzoli
Anno 2008

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