La rielezione di Giorgio Napolitano, alla veneranda età di 88 anni, è una scelta da conservatori e non da progressisti. Innanzitutto autoconservatori, un ceto politico ormai giunto ben oltre il capolinea e che con questa scelta pensa di sopravvivere e guadagnare tempo.
Ma chi ha voluto il bis di Napolitano al Colle e perché si arrivati a questa rielezione?
A me paiono queste le due domande più pertinenti, ovvero comprendere la motivazione politica di tale scelta piuttosto che spiegare perché non è stato votato Romano Prodi. Non è stata scelta maturata sulla base del merito, sul curriculum. Se avessero valutato anche questo non ci sarebbe stata partita: il profilo politico istituzionale di Romano Prodi non può essere confrontato con quello di Napolitano. Avrebbe vinto il professore per distacco.
Il bis di Napolitano lo hanno voluto la maggioranza dei grandi elettori del Pd e tutto il Pdl. Una scelta che è figlia di un progetto politico che individua in un governo di larghe intese, un governissimo, la modalità per uscire fuori dallo stallo in cui si trova, politicamente, l’Italia.
Una spiegazione semplice e razionale che il Pdl ha fatto sua fin dalle prime ore successive allo spoglio delle schede elettorali, mentre Bersani e il suo partito hanno negato fino al giorno della candidatura di Franco Marini.
È dunque questa la ragione unica di questa rielezione: Napolitano garantisce questa scelta perché è anche la sua scelta. Optare per Romano Prodi non avrebbe garantito la possibile nascita della nuova “coppia di fatto” della politica italiana, Pd (o quel che resta del Pd) + Pdl. Possibile, perché dopo ciò che è successo nelle votazioni di questi giorni, è molto rischioso puntare sulla compattezza del gruppo Pd alla Camera e al Senato.
Questa è la motivazione politica dei 101 grandi elettori che non hanno votato Romano Prodi, il padre dell’Ulivo, l’unico uomo politico che ha battuto nelle urne, per due volte, Silvio Berlusconi. Grandi elettori che sono stati definiti «traditori» da Bersani, «sicari», da Sandra Zampa, deputata e portavoce di Romano Prodi e «quelli-di-sinistra-che-odiano-la-sinistra» da Civati.
Ma chi sono i 101 che hanno sancito la fine politica del Pd non votando prima Franco Marini e successivamente Romano Prodi?
Chi da un’indicazione precisa è sempre la Zampa, portavoce di Prodi, che si è autosospesa dal gruppo Pd alla Camera perché sostiene è «impossibile restare seduta accanto a chi ha accoltellato alle spalle Prodi come un sicario».
Per lei i mandanti sono le due anime del partito che non si sono fuse a caldo, ma solo a freddo: «Dopo il flop di Marini, erano in ballottaggio Prodi e D’Alema. D’Alema ha chiesto le primarie, ma non gli sono state concesse. I gruppi che fanno capo a lui si sono vendicati. Poi si sono aggiunti i sostenitori di Fioroni e Marini, che ha perso le primarie in Abruzzo, e non poteva sopportare venisse eletto chi le primarie le ha inventate. Mario Monti poi, per votare Prodi chiedeva in cambio posti di governo, figuriamoci».
Se si resta a queste dichiarazioni, non smentite da nessuno, l’identikit dei 101 è dunque svelata.
P.s.: Non ho scritto di Stefano Rodotà e del perché il Pd non abbia mai preso in considerazione una sua candidatura per il Colle non perché non me lo sia chiesto. Semplicemente perché Rodotà non è “uno di loro” e per questo motivo non lo avrebbero mai votato come fecero già venti anni fa quando gli preferirono lo stesso Napolitano alla Presidenza della Camera dei Deputati.
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