le mie recensioni


Visit Us On FacebookVisit Us On InstagramVisit Us On LinkedinVisit Us On YoutubeVisit Us On PinterestCheck Our Feed

Enzo Verrengia è Kevin Hochs

Enzo Verrengia vive per scrivere e scrive per vivere. Scrive e legge, molto. La sua casa di Pescara, ma anche quella di San Severo, è “abitata” prevalentemente dai libri. In alcune stanze, i libri, posti uno sull’altro seguendo una catalogazione per generi, formano vere e proprie colonne di carta, trasformando la casa stessa in un labirinto di parole. Verrengia è una specie in via di estinzione, uno degli ultimi umani che considera la lettura una “conditio sine qua non” per vivere.

Un “hard disk” letterario umano e per questo motivo quando l’incontri non corri mai il rischio di esaurire gli argomenti di discussione. Ha una passione innata per i complotti, “Complottario. Storie dall’ombra per non dormire” è uno dei suoi libri a cui è più affezionato, ed è un grande frequentatore della fantascienza. In questi giorni è in edicola nella collana “Segretissimo” di Mondadori il suo nuovo romanzo “Sturmvogel. L’ombra del Quarto Reich” firmato con lo pseudonimo Kevin Hochs.
“Sturmvogel” è il secondo romanzo, il primo è “Sandblast” sempre per Mondadori, che firma con lo pseudonimo di Kevin Hochs? Perché e soprattutto chi è Kevin Hochs?
«I lettori italiani preferiscono thriller di autori inglesi ed americani. Perciò si è pensato al uno pseudonimo che rendesse più credibile storia ed ambientazione estere. Ed ecco allora materializzarsi Kevin Hochs. Kevin è un nome di origine irlandese che mi piace da sempre: il regista Kevin Reynolds e l’attore Kevin Costner sono fra i miei preferiti. Hochs deriva dal tedesco “hoch”, che significa “alto”. Un livello al quale aspirare, sia per qualità della scrittura che dei contenuti. Un gioco d’identità gradevole. Non sono ansioso di vedere il mio vero nome in copertina, anzi mi sembra di rinascere in questa vita nei panni che mi auguro per la prossima: quelli di uno scrittore americano di thriller. Possibilmente di successo».
Può darci qualche anticipazione di ciò che leggeremo in “Sturmvogel”?
«Il titolo, tradotto dal tedesco, indica la procellaria, l’uccello che si alza in volo durante le tempeste per cercare il cibo. Nel mio libro dà il nome a un piano di destabilizzazione mondiale ideato da un matematico tedesco ai tempi del nazismo e scoperto dietro un quadro da un suo discendente. Con l’instabilità attuale già elevata, dei burattinai occulti decidono di sfruttare il dossier Sturmvogel per minare la potenza della Cina. Con il rischio di una guerra mondiale. L’unico che può impedirlo è il mio protagonista, l’Operativo, un agente della CIA pronto ad assumere una nuova identità anche per questa missione, come è stato per quella di esordio, nel mio romanzo precedente, “Sandblast”, dove agiva sullo scenario del Medio Oriente».
È prevedibile un seguito per questa storia?
«Spero di sì. Su uno scenario italiano. La stessa Pescara, dove pensavo già di ambientare parte di “Sturmvogel”, che poi ha preso direzioni diverse, perché non di rado le storie sfuggono al controllo degli stessi autori».
Pescara dunque coprotagonista del suo prossimo romanzo. Le dinamiche economiche della città adriatica sembrano essere un terreno fertile da cui attingere storie di complotti.
«Certo. Dietro la facciata solare, elegante e cosmetica, Pescara può nascondere spunti utili per chi scrive di intrighi internazionali. A parte il fatto che questa città costituisce un crocevia adriatico e quindi mediterraneo, c’è l’aeroporto con voli per diverse località, si vedono circolare automobili di grande cilindrata e per le vie del centro capita di ascoltare accenti slavi che non sono unicamente quelli delle badanti».
Lei è un autore molto poliedrico. Ha scritto per la radio e per la televisione, scrive racconti, romanzi, saggi, recensioni. È un traduttore. Qual è la scrittura che sente più sua?
«Quella della narrativa d’intreccio. Non necessariamente spionistica. Oltre che come Kevin Hochs, pubblico da anni come Enzo Verrengia, ed in tale veste ho una vocazione stilistica di tipo indagatrice. Applicata un po’ a tutti i generi che pratico. Con molta attenzione verso la critica sociale. Misteri e intrecci nascondono sempre raggiri economici di stampo criminale. L’Italia è una civiltà di confine fra il sottosviluppo del meridione e la parodia di sviluppo del settentrione. E Pescara la vedo collocata proprio sulla linea di separazione».
La crisi economica che attraversa il mondo non risparmia l’editoria. È vero a New York come a Londra, in America come in Europa. Quando la “bufera” sarà solo un ricordo avremo più qualità nel campo editoriale?
«Non lo so. In Italia bisogna ricreare il lettore. Disposto ad esplorare gli universi di autori che, a loro volta, dovrebbero sorgere dal nulla accumulatosi tra i fatui anni ’80 e gli amorfi ’90. Bisognerebbe rifondare un intero processo di comunicazione, acculturazione e fruizione non solo letteraria. Moltissimi italiani sono ormai del tutto incapaci di percezione estetica. Ho sentito con allarme che Ettore Scola non vuole più fare cinema, perché secondo lui non interessa più a nessuno».
Un processo di rialfabetizzazione per gli adulti e una nuova centralità della scuola per i giovani al centro dell’agenda politica del Paese. Un progetto politico o un manuale di sopravvivenza?
«Tutte e due le cose. Il progetto politico, peraltro, sta anche in quella che poc’anzi ho definito “critica sociale”, quale componente non secondaria della mia narrativa. Considerandomi un “operaio della scrittura”, cioè uno che la produce con il sudore dello sforzo non solo mentale, potrei anche definirmi un militante progressista autentico, non retorico e di facciata. Sulla centralità della scuola e dei giovani, invece, ho dei dubbi. Conosco ormai pochi insegnanti capaci di trasmettere conoscenza, valori e indicazioni di vita. Piuttosto, li vedo ansiosi di sembrare più giovani dei loro stessi alunni, inseguendoli sul terreno della fatuità, specie quella che circola su Internet. Moralismo? Forse lucidità. Dico a voce quello che molti pensano».
Ha vissuto a Roma, frequentato Milano per lavoro e oggi vive a Pescara. Può partire dalla “provincia” italiana la spinta decisiva per risollevare l’Italia?
«Dipende da quale provincia. Il problema dei piccoli ambiti territoriali è che là si vuole mimare nel peggio gli scenari metropolitani. Si sono visti e si vedono, dunque, pseudoartisti che sono dilettanti del pomeriggio, dopo le ore in cattedra, o della tarda serata, chiusi i rispettivi studi professionali. Forse la chiave di volta sta nei veri Kevin Hochs. Ovvero in una sorta di commissariamento del Paese, oltre che politico ed economico, di pura matrice estera. Al di là delle Alpi c’è l’Europa. Dove spirano altre correnti. Nella letteratura, nel cinema, nelle arti visive. In Francia, in Germania, nel Regno Unito, ad esempio, non farebbero mai tendenza i cosiddetti giovani autori. Lì si esordisce senza privilegi anagrafici, solo per capacità, spessore e densità culturale».
Nell’attesa di scoprire, nel terzo romanzo di Kevin Hochs, nuovi intrighi internazionali che vedranno come teatro degli avvenimenti Pescara, godiamoci “Sturmvogel. L’ombra del Quarto Reich”.

Condividi
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • MySpace
  • RSS

Leave a Reply