Stiamo vivendo giorni tristi e intensi. La terra continua a tremare a L’Aquila e dintorni e il suo continuo tremare porta lutti e ferite. Ferite profonde che oltrepassano la soglia del dolore dei parenti delle vittime e coinvolgono noi tutti. Noi abruzzesi innanzitutto. Ognuno fa quel che può, nessuno è rimasto fermo. Sono queste le ore del dolore, del pianto, della stanchezza infinita, dell’incertezza sul futuro. Sono le ore in cui si ha bisogno di intravedere la luce in fondo al tunnel.
Nella immensa tristezza che attanaglia i nostri cuori si è fatta strada in questi giorni una nuova e inaspettata verità: ci sentiamo tutti aquilani e siamo diventati una comunità di fatto. Una comunità che contiene Teramo e Chieti, Pescara e L’Aquila. E poi le Marche, l’Umbria, la Puglia, la Campania, L’Emilia Romagna, l’Italia intera. Lo abbiamo scoperto in un modo semplice. Ci siamo attivati senza che nessuno ce lo chiedesse. Ci siamo fatti carico di un problema che riguarda noi. I morti sono dell’Aquila ma i lutti sono nostri, di tutti. Li sentiamo sulla nostra pelle. Il loro strazio è il nostro strazio, il loro dolore è il nostro dolore. L’attivismo di questi giorni e il fiorire di iniziative concrete a favore delle persone duramente colpite negli affetti e nelle loro necessità primarie ci attraversa e ci rende, ci ha reso, tutti migliori. È una sorpresa innanzitutto per noi stessi. In ogni città si moltiplicano i centri di raccolta viveri. Coperte. Vestiti. Sangue. Tutto ciò che può essere utile è in partenza per l’Aquila e la sua provincia. Non è un dovere ma un bisogno. Non un imposizione ma una necessità. Una grande novità e un patrimonio umano da far crescere e da custodire gelosamente. Un valore assoluto di cui abbiamo bisogno oggi e che sarà indispensabile domani.
Prima che la natura travolgesse con i suoi ritmi tutto e tutti la nostra regione era già in grande difficoltà. Come in grande difficoltà era la città dell’Aquila e il suo territorio. La crisi, quella economica e morale, si era fatta sentire prima che altrove. Sistema produttivo in difficoltà e poi gli scandali. E poi gli arresti. E poi, su tutto, la confusione. Un terremoto prima metaforico e poi, purtroppo, reale. Prima ha lasciato per strada persone senza lavoro e oggi corpi senza vita. E lutti e disperazione.
Oggi, nel momento del dolore e della paura, tutti questi accadimenti sembrano, sono, lontani. Sembrano, sono, percepiti come qualcosa d’altro, che non ci appartiene. Non è così ovviamente, ma certamente oggi, rispetto a ieri, abbiamo qualcosa che ieri non avevamo. Nel momento di maggior difficoltà abbiamo scoperto di poter essere una comunità. Abbiamo scoperto che insieme, tutti insieme, stiamo meglio e siamo più utili. Più utili innanzitutto a noi stessi. In questo nostro Paese, l’Abruzzo come l’Italia intera, popolato di tanti, troppi, cialtroni, scopriamo in questi drammatici giorni che non è sempre così. E che noi, le persone, siamo migliori di come ci dipingiamo. Abbiamo qualcosa dentro di noi, nel nostro profondo, che può renderci “belle persone”. Una molla che quando scatta mette in circolo valori positivi e condivisione e amore. Tutto questo immenso patrimonio umano non può esser disperso. Quando la natura ritroverà il suo ritmo e la terrà non tremerà più, noi, al contrario, dovremo continuare a vibrare. Dovremo essere capaci di saper trasformare un sentimento spontaneo e gli slanci d’amore e di solidarietà di questi giorni in comportamenti stabili. Dobbiamo crescere e diventare un popolo. Ne ha bisogno l’Italia e ne ha bisogno il nostro Abruzzo. Insieme ce la possiamo fare, da soli no. E perché questo accada ognuno di noi deve far bene, sempre meglio, il proprio lavoro. E chi ha responsabilità maggiori, la classe dirigente in senso lato, deve porsi un obiettivo importante: “sfruttare” nel migliore dei modi questa grande, grandissima carica umana e saper organizzare meglio la società per renderla più giusta e equa.
Ha scritto Pablo Neruda: «Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.» Per questo l’importante non è nascere, ma rinascere. È questo il tempo dunque, di rinascere ogni giorno. Abbiamo tante cose da fare e sono tutte urgenti. Dobbiamo ricostruire. Le case, i monumenti, le scuole. La nostra comunità. Ce la faremo, ne sono certo.
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