le mie recensioni


Visit Us On FacebookVisit Us On InstagramVisit Us On LinkedinVisit Us On YoutubeVisit Us On PinterestCheck Our Feed

Mi­chael Jackson è morto (alla fine degli anni ottanta).

Quando l’Italia di Bearzot, Paolo Rossi e Dino Zoff batteva il Brasile, quello vero e non quello modesto, modestissimo di oggi che straccia l’Italia 3 a 0, e Pertini giocava a scopone sull’aereo con Franco Causio, Michael Jackson cantava Thriller. L’album più venduto della storia della musica. Non c’era Internet e se volevi ascoltare un disco dovevi comprarlo. Vinse diciotto Grammy Awards e vendette oltre 100 milioni di album. Con la gloria arrivarono anche tanti, tantissimi, soldi che cambiarono radicalmente la vita di un ragazzo di 24 anni nato sulle rive del lago Michigan, a Gary, Indiana. Dopo quel successo planetario nulla è stato più come prima.

Con costanza e tenacia Jacko smonta, pezzo dopo pezzo, prima il suo mito e poi la sua persona. Inizia un lento ma progressivo declino e questo, a parer mio, a partire dai giorni del suo maggior successo.
Michael Jackson lascia morire, coscientemente, quello splendido ragazzo afroamericano che ballava divinamente e che ha fatto ballare più generazioni. E quando si schiarisce il colore della pelle, inizia a costruire un altro uomo; ma gli uomini non si possono costruire in laboratorio. O meglio si possono anche costruire ma sono finti, di plastica.
Per queste ragioni penso che non sia stato un genio, ma un ragazzo con un talento infinito. Un talento che nel corso degli anni, anziché essere alimentato e aiutato con il lavoro quotidiano, è stato umiliato e maltrattato.
E nessuno, di tutti quelli che potevano intervenire, è intervenuto. Nessuno gli ha detto: «Fermati, stai sbagliando». Nessuno gli ha detto che era bellissimo con la sua faccia nera. Nessuno gli ha detto di lasciar perdere i bambini.
E tutti quelli che oggi piangono, gli amici intendo, dovrebbe riflettere, e a lungo, su ciò che potevano dire e non hanno detto.
Michael Jackson è morto alla fine degli anni Ottanta e perciò il lutto è stato già elaborato. Abbiamo già pianto.
Oggi è il tempo dei rimorsi e del rimpianto, non del pianto.

Condividi
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • MySpace
  • RSS

Leave a Reply