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Apparente stato di calma

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso

La pandemia scatenata dal Coronavirus Covid-19 ha trasformato il caos organizzato della società dei consumi che abitiamo in un mondo apparentemente in stato di calma. L’aspetto più evidente e facile da leggere, per chiunque, è rappresentato delle immagini inanimate delle città.
I cinque continenti mostrano tutti lo stesso volto: strade vuote e città simili a lande desolate.
Tutto si è fermato e tutto si è fermato, per la prima volta, insieme.

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Un cuore in fuga. La grande storia del campione Gino Bartali

Questo articolo è pubblicato anche su Gariwo

Non me ne vorrà Fausto Coppi, ma dopo aver letto il libro di Oliviero Beha, Un cuore in fuga, l’uomo solo al comando non ha la maglia bianco-celeste, se proprio deve avere dei colori quella maglia ha i colori dell’arcobaleno, e il suo nome non può che essere Gino Bartali.
Anzi l’Airone sarebbe contento di cedere la frase che lo ha reso indelebile nell’immaginario collettivo all’amico Ginettaccio, perché a dispetto della pubblicistica che per molto tempo li ha resi avversari e anche nemici, nemici non lo sono mai stati.

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Gianni Mura, custode di parole belle

Questo articolo è pubblicato anche su Resto al Sud

Se n’è andato in un giorno difficile da dimenticare, il 21 marzo e in un periodo in cui il ciclismo, il calcio e tutto lo sport sono fermi, come è ferma l’Italia intera.
Gianni Mura è morto a Senigallia, in ospedale per un attacco cardiaco, ad un amico aveva detto che era in ritiro per preparare il Tour de France. Non lo racconterà questa volta, forse, non lo racconterà nessuno.
Non ho mai incontrato di persona Gianni Mura, ma come per molti italiani è come se lo avessi conosciuto, come se lo conoscessi da sempre. Sicuramente lo leggevo dal 1976 anno in cui iniziava la sua collaborazione con la Repubblica.

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21 marzo: San Benedetto la rondine sotto il tetto

Gino Cervi durante un’edizione dell’Eroica

Questo articolo è pubblicato anche su Resto al Sud

Quando ero ragazzo il 21 marzo era un giorno di festa a casa mia, a casa dei miei genitori.
«San Benedetto la rondine sul tetto», diceva mia madre. Avrei scoperto più tardi che la rondine era sotto il tetto e non sul tetto, differenza di poco conto però perché il significato era lo stesso: l’inizio della primavera e anche l’onomastico, per noi del sud l’onomastico è più importante del compleanno, di Benedetto, il papà di un collaboratore di mio padre.
Benedetto era un uomo della plebe, apparteneva a quella parte della società senza istruzione e senza diritti, padre di quattro figli. Era un appassionato di ciclismo, come moltissimi a quei tempi, ed era lui stesso un ciclista amatoriale. La sua bicicletta da corsa era l’oggetto più prezioso e costoso che possedeva. Con la bella stagione “usciva” tutte le mattine e i racconti di queste uscite riservavano sempre delle sorprese. Sembrava che tutto accadesse lungo il tragitto che percorreva, presenza pericolosa di animali selvatici, furti, incidenti, rovesci temporaleschi. In quel breve tratto di strada che separava Foggia da Manfredonia accadeva di tutto, in particolare dopo il bivio per San Giovanni Rotondo, quando iniziava la mitica salita di Santa Lucia.

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Il giorno dopo domani

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso

Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista che ricopre la prima cattedra italiana di filosofia delle scienze biologiche, in un breve video, Coronavirus: uno sguardo evoluzionistico, pubblicato su un sito internet dell’università di Padova, dice: «I virus hanno degli avversari che noi possiamo scatenare contro di loro: la ricerca scientifica, l’igiene, il progresso sociale. Ricordiamo che la povertà, la disuguaglianza, le carestie, le guerre, sono tutti alleati dei virus. E poi naturalmente la protezione ambientale, può sembrare strano ma c’è un legame molto stretto tra tutte vicende. Noi evoluzionisti lo sappiamo, se si vuol sconfiggere un nemico temibile com’è questo virus, devi imparare a capire la sua logica che è una logica evolutiva». Continue reading Il giorno dopo domani

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L’Italia unita nel Manifesto di Assisi

L’intervento del presidente Giuseppe Conte alla presentazione de “Il Manifesto di Assisi”

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso

Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica è il sottotitolo del Manifesto di Assisi, presentato lo scorso 24 gennaio nella città di San Francesco. Una dichiarazione d’intenti che non lascia spazio a dubbi o tentennamenti, la crisi climatica si affronta da un punto di vista economico. Non bastano le buone intenzioni, servono azioni concrete e una nuova economia a misura d’uomo. Sembra di rileggere le parole di Federico Caffè, «noi dobbiamo riscoprire l’economia degli affetti non delle regole», che sempre poneva la condizione materiale delle persone prima di ogni considerazione economica.

Una conseguenza di questa affermazione è che la crisi climatica non va affrontata solo come una sfida, necessaria e imprescindibile, ma deve essere colta come un’opportunità, una delle ultime forse, per costruire un mondo migliore partendo proprio da un’economia altra e più giusta. Mettendo in discussione dalle fondamenta lo stato delle cose.

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Il destino dell’Italia in quattro storie

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso

Un filo rosso lega gli ultimi due libri che ho letto, gli uomini della CIA e «i fantasmi dei fatti» come li chiamava Leonardo Sciascia. Nel caso del libro di Bruno Arpaia, Il fantasma dei fatti, questi hanno una valenza pubblica e condizionano la vita di un Paese. Gli uomini della CIA sono invece gli stessi: interferiscono per indirizzare, condizionare e cambiare il corso delle cose in entrambi i casi.
«Quattro storie, guarda caso concentrate in un brevissimo arco di tempo, e, guarda caso, tutte e quattro finiscono male: per i loro protagonisti e per l’Italia… Niente più predominio nell’elettronica, nel nucleare e nelle biotecnologie, niente più ricerca dell’autonomia energetica e politica. Da quel momento, il nostro paese non è stato più lo stesso: è allora che si è concluso il boom ed è iniziato piano piano il suo declino», siamo a pagina 10 de Il fantasma dei fatti, chi parla è Pietro Greco, laureato in chimica, giornalista scientifico e scrittore di opere scientifiche divulgative, così come recita wikipedia.

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Albania, quasi Europa

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso

Rileggere o leggere per la prima volta gli scritti di due intellettuali come Alex Langer e Alessandro Leogrande è utile. Lo è da un punto di vista politico, sociale e antropologico.
Un’occasione offerta dal libro curato da Giovanni Accardo, Dialogo sull’Albania, già felice nel titolo e che proprio nel titolo, come nei migliori incipit di un’opera letteraria, contiene il tutto. Una selezione di saggi e articoli (degli anni 1990-1994 quelli di Langer, 2000-2017 quelli di Leogrande) sull’Albania.
Dialogo è la parola chiave. Entrambi, Langer e Leogrande, nella loro pur breve vita, hanno creduto molto nel dialogo, sul dialogo hanno costruito la conoscenza degli uomini e delle cose del mondo.

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Miss Rosselli, al dunque, Melina

Questo articolo è pubbblicato anche su Resto al Sud

«Era la controra, nel bel mezzo del pomeriggio, quando la solitudine morde di più […] Il respiro si fece affannoso, il terrore di diventare preda la prese alla gola. La finestra le parve la sua unica via di fuga. La aprì e, una volta sul balconcino, scavalcò l’inferriata e si lasciò cadere dal quinto piano giù nel cortile […] Si illudeva che fosse un volo per poi risalire, a volo d’angelo. Ma non fu così. Non ci fu risalita». Le pagine che Renzo Paris dedica ad Amelia Rosselli hanno a che fare con la spiritualità e sono un tributo ad una delle voci più libere, musicali e tribolanti della poesia italiana del secondo Novecento.

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Jože Plecnik e l’anima di Lubiana

Dettaglio architettonico di Jože Plecnik. Foto di Luigi Ghirri (1988)

Questo articolo è pubblicato anche su L’Espresso 

C’è un che di prezioso nel libro di Domenico Potenza – Lubiana. Una città a memoria. L’eredità di Jože Ple?nik e l’architettura contemporanea – e riguarda tutte le città del mondo e anche quelle che non sono state ancora pensate e costruite: la ricerca dell’anima di un luogo.
Ovvero leggendo e studiando i capitoli che compongono questa narrazione della città di Jože Ple?nik scopri la natura architettonica di Lubiana, le sue origini e il suo sviluppo nel tempo. Emergono, su tutte, tre considerazioni fondamentali per comprendere i fenomeni urbani: la costruzione nel tempo della città, l’importanza di attraversarla camminando e la centralità dello spazio pubblico.

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