Edizione straordinaria de Il Centro per i 150° dell’Italia
Ecco il testo dell’intervista a Pino Aprile, autore del best seller Terroni, che ho realizzato per Il Centro.
“Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”, con queste parole contenute nella legge n°4671 del Regno di Sardegna si proclama ufficialmente il Regno d’Italia. Sono trascorsi centocinquant’anni da quell’atto formale e in queste ore tutta l’Italia si ritrova nelle piazze a festeggiare.
Dal 17 marzo 1861 sono trascorsi centocinquant’anni, lo stesso numero di anni che l’Italia ha impiegato per istituire il giorno in cui festeggiare la sua nascita. Partirei da questo dato per fare gli auguri all’Italia.
L’Italia sa di celebrare qualcosa che non è stato mai compiuto. Si è creata una entità statale con le armi, i brogli e il saccheggio (ma molti ottimi Paesi sono nati così) che ha comportamenti diseguali, fortemente diseguali, nei confronti dei suoi cittadini: alcuni hanno diritto a tutto, altri a niente; alcuni combattono la mafia, quasi in solitudine e vengono decimati (i morti nella lotta al crimine organizzato sono soltanto meridionali, tranne un paio), altri diventano soci dei mafiosi in aziende, società finanziarie, banche. In quest’Italia unita a chiacchiere e non nei fatti, si può obbligare alla celebrazione, ma l’entusiasmo e la convinzione sono altra cosa , vanno meritati.
Dopo molte esitazioni e con il voto contrario dei ministri Bossi e Calderoli, Maroni era assente, il Consiglio dei Ministri ha istituito il giorno festivo per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Come giudica il comportamento dei ministri leghisti?
Come al solito: demoliscono il Paese, spolpandolo dall’interno, sia di risorse che di motivazioni. Giudico molto peggio chi glielo consente e minimizza la portata e l’indegnità delle loro azioni. Hanno ragione i leghisti a disinteressarsi dell’anniversario della nascita dell’Italia: a loro dell’Italia non importa nulla e lo dicono pubblicamente; gl’interessano solo i soldi da portare in val Padana e quelli se li sono ormai presi quasi tutti, grazie anche al ministro delle Finanze, che ha sottratto al Sud persino i fondi per le aree sottoutilizzate, destinati per legge al Meridione.
La festa nazionale francese è il 14 luglio e celebra “La presa della Bastiglia”, gli Stati Uniti d’America festeggiano l’indipendenza dalla Gran Bretagna il 4 luglio, entrambe queste ricorrenze sono molto sentite nei rispettivi paesi. Il 17 marzo potrà rappresentare nell’immaginario collettivo degli italiani un sentimento analogo?
Per festeggiare l’Italia, bisogna prima farla. E gli italiani, per sentirsi fieri del proprio Paese, devono sentirsi tutti ugualmente rispettati. Altrimenti, ci sarà sempre chi avrà più motivi di essere contento e chi può solo ricordare, in questo giorno di festa, di essere trattato da italiano meno italiano degli altri. Torniamo sempre allo stesso punto: il rispetto non si chiede, si merita.
Dopo centocinquant’anni l’Italia sta approvando in Parlamento il federalismo fiscale municipale. Più in generale ci si sta orientando verso un assetto federale dello Stato. Tutto questo testimonia che le ragioni che animarono i nostri padri fondatori non sono più valide?
Quello che viene chiamato, ingiustificatamente, federalismo, è solo l’ultimo drenaggio di soldi a danno del Sud, compiuto da un gruppo di potere del Nord sempre più avido ed egoista: rastrelleranno gli ultimi spiccioli e se ne andranno. La secessione è quasi completata, ci sono soltanto da tagliare gli ultimi fili. Potrebbe persino essere ormai troppo tardi per impedirlo.
Nelle manifestazioni di questi giorni trovano spazio, forse per la prima volta, ricostruzioni della vicenda risorgimentale non necessariamente allineate e riconducibili a un pensiero unico. Alla “versione ufficiale” del Risorgimento non si contrappone più solo la posizione della Lega Nord ma altre letture come ad esempio quella contenuta nel suo best seller Terroni. Pensa che questa sia la strada giusta per festeggiare una data così importante?
Certo: le azioni sbagliate sono figlie di un sapere sbagliato, incompleto, bugiardo. Sapere com’è nato questo Paese può soltanto aiutarci a unirlo. Sono cittadini di uno stesso Paese quelli che ne condividono, consapevolmente, la storia; sarebbe ora che noi ce la raccontassimo, senza temere che le porcherie celate del Risorgimento possano infrangere quell’Unità parolaia e di plastica che ci hanno appiccicato addosso. La Germania ha saputo risollevarsi dalla vergogna del nazismo, scarnificandosi pubblicamente, e riconquistando il rispetto di se stessa e del resto del mondo. Così si fa. Se andate oggi a Berlino, trovate una mostra, con documenti di Stato e non, con cui si dimostra che i tedeschi furono d’accordo con Hitler e perciò corresponsabili dei suoi crimini. Tanto di cappello! Nella verità ci si unisce; con 150 anni di bugie o verità accomodate, non si va da nessuna parte, il Paese si rompe.
E infine, cosa si augura per l’Italia?
Che trovi il coraggio di raccontarsi, di mettersi in discussione; di fidarsi della maturità dei suoi cittadini, della loro capacità di saper ricostruire un Paese a partire dal riconoscimento dei torti, dei crimini e degli errori commessi. Siamo un popolo adulto, forte e coraggioso, nessuno può pretendere di trattarci da bambini.
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