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Sofia Assante, d’amore e di classe

La mia ultima storia per te, ha vinto il Premio Viareggio Rèpaci Opera prima

Questo articolo è pubblicato sul quotidiano Romail giornale di Napoli
Qui è pubblicato in una versione più lunga che include alcune citazioni

Fin dalle prime pagine e dai due incipit s’intuisce che l’esordio letterario di Sofia Assante è anche un film. Un film d’amore e sull’amore, un libro che s’interroga sulla relazione di amorosi sensi che tutti cerchiamo e a cui tutti aneliamo.

«Ci fumiamo una sigaretta al telefono?» e qualche rigo sotto «Affacciati alla finestra. Dimmi com’è New York», cosa sono se non il desiderio di condividere, nello stesso istante e insieme, fisicità, desiderio e bellezza?

Andrea ed Elettra si amavano e si amano ancora, ce lo dice il loro primo dialogo dopo dieci anni di silenzio. Al telefono, a tanti chilometri di distanza. Ce lo dicono le parole di Andrea, voce narrante, quando spera che Elettra attacchi il telefono, «Ho trovato il modo di vivere senza di te, Elettra, e non me lo rovinerai. Per amor del cielo, attacca. Ma poi ha parlato. Io ero attaccato alla finestra, la cover band dei Led Zeppelin se n’era andata e il sole era sceso sotto la linea dell’orizzonte ma illuminava ancora il cielo con una striscia arancione, fosforescente e bellissima». Sono le parole che danno forma ai pensieri di un uomo innamorato.

Così come «“Scusami. Parlo troppo. E di cose di cui non abbiamo mai parlato. Per colpa mia, naturalmente. Tu non puoi tornare. Hai ragione. Scusa.” E ha riagganciato», sono le parole che danno forma ai pensieri di una donna innamorata.

E quando termina questo slancio tumultuoso di sentimenti siamo solo a pagina sedici, ma siamo già precipitati in una vicenda che ci tiene stretti. Non ci molla. Continuando nella lettura, nonostante Sofia Assante con autentica sapienza letteraria riavvolga il nastro per portarci all’inizio della storia, non s’interrompe il flusso di sentimento amoroso che lega Andrea a Elettra.

La prima volta che la vede ha poco più di dodici anni, «Mi sarei voluto avvicinare, dirle: «Ciao, sono Andrea, ti va di sposarmi?». E in quel primo incontro che fu un incrocio di sguardi che durò il tempo di un battito d’ali, non può fare a meno di farci sapere che «Per una frazione di secondo, i suoi occhi trafissero i miei. Persi un battito. Mi lasciai scappare un sospiro».

Da questo momento in poi una dolorosa bellezza accompagnerà le giornate di Andrea, «Era dolorosa perché era una bellezza quotidiana, quasi banale, di cui gli Alfieri erano proprietari e io un semplice testimone». Tutto ciò che accadeva arricchiva e completava il suo Pantheon che, proprio a partire dall’incontro con Elettra e gli Alfieri, comincia a prendere forma. In quel contesto e in quel tempo, tutto assurgeva ad epica, perfino un semplice, banale, temporale, tanto da fargli pensare «e sarei stato felice di morire lì, in quell’istante, tra le sue braccia».

Una sensazione di pienezza che crescerà negli anni a seguire e quando avranno quindici anni, ormai grandi rispetto a quando si erano visti per la prima volta, gli farà pensare «di essere nato al solo scopo di guardarla, ascoltarla e tenerla al sicuro», mutuando il pensiero di Roland Barthes potremmo dire il grado zero dell’amore.

Andrea ed Elettra costruiscono, giorno dopo giorno, un mondo a parte, pronto ad aprirsi ad una cerchia molto ristretta di persone, tra queste Clara, la mamma di Elettra. Ma questa vita, come tutte le cose che riguardano gli umani sulla Terra, è destinata a finire. E finirà, in modo traumatico, un giorno dell’antivigilia di Natale sul lago, laddove tutto aveva avuto inizio. Da quel momento nulla sarà più come prima. Quel giorno finisce l’età della spensieratezza, del bene che richiama bene, della bellezza che richiama bellezza. Andrea ha solo quindici anni, ma è diventato adulto all’improvviso e il mondo non è più in sintonia e allineato con i suoi desideri.

Sorprende e affascina la maturità con cui Andrea affronta questa fase della sua vita. Sorprende e affascina il modo con cui reagisce alla perdita dell’amore: comprende che la vita è bella sempre, anche quando è brutta. Questo saper lasciarsi andare, seguire il corso degli eventi, interagire con le persone che incontra nella vita gli fa dimenticare che «l’unico posto in cui ti pare di essere felice sono i tuoi ricordi, o i sogni».

Anna, infatti, non è un ricordo, tantomeno un sogno anche se quell’aria da hobbit l’avvicina molto ai sogni e ai desideri. Anna smaterializza l’amore ideale di cui era prigioniero Andrea e lo trasporta nel mondo reale, terreno.

Ma le cose della vita, si sa, non sempre aderiscono a ciò che è più giusto, a volte, si evolvono in modo imprevedibile. «Ti voglio bene perché ti voglio bene» ha scritto Nicola Lagioia a Michela Murgia a poco più di un anno dalla sua morte. Esattamente ciò che succede ad Andrea. Ama Elettra perché l’ama. Non ha senso chiedersi il perché, «Sentivo con assoluta chiarezza, e a dispetto di tutto quello che sapevo, che il baricentro della mia vita era vicino: come una bussola che trova il suo nord».

Tutto questo è scritto nel Libro Primo e quando siamo giunti a pagina duecento. Da qui in poi inizia una narrazione con un altro registro. Un altro film. Il Libro Secondo e il Poscritto di Marta Tatoni ci conducono a pagina trecentottanta. È il momento e sono le pagine dell’approfondimento. Delle domande che cercano risposte, dello scendere in profondità fino a toccare con mano il dolore e coccolare, prendersi cura, degli altri e dell’amore.

L’esordio di Sofia Assante è sicuramente un film, ma è un film con una solida base letteraria. Sostanza letteraria dichiarata fin dalle prime pagine, Il grande Gatsby e Fermo Lucia, Francis Scott Fitzgerald e Alessandro Manzoni, sono riferimenti nobili. Sostanza letteraria che attraversa tutto il libro riportando al centro del dibattito culturale e letterario la differenza di classe o di censo se preferite, anche se con la narrazione siamo nel 2022 e Sofia Assante è nata nel 1995. Perché, se di letteratura si tratta, i temi sono eterni e si sottraggono alle mode: la ricerca dell’amore e la lotta di classe, seppur rivisitata e senza spargimenti di sangue, sono e saranno le questioni attorno a cui ruotano la maggior parte delle questioni che interessano e riguardano le vicende umane.

«“Ma perché sei dovuto partire?” chiese.
Scrollai le spalle, come a dire che una risposta non esisteva. “Non lo so” replicai. “Credo di averlo fatto solo per poter tornare”».

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