Storie da spiaggia e da ombrellone è un racconto che parla di libri ed è una storia d’amore.
Mi è sempre piaciuto scrivere di libri, consigliare libri. Tanti anni fa, ma proprio tanti anni fa, curavo una rubrica su una rivista a diffusione gratuita, Sipario, antesignana delle attuali free press, in cui mi occupavo proprio di questo. Il titolo della rubrica era: Punto, virgola, due punti. Intervistavo personaggi pubblici in cui si parlava di libri. Accanto al profilo dell’intervistato c’era sempre una scheda su tutti i libri di cui avevamo parlato.
Sempre per quella stessa rivista avevo preparato un progetto che poi non si concretizzò. Un racconto a puntate, che sarebbe dovuto durare per tutta l’estate, in cui un personaggio sbucato fuori chissà da quale angolo della mia mente, Jordi, trascorreva le sue giornate sulla spiaggia di Pescara a raccontare storie e a regalare libri. La storia che avevo immaginato prevedeva diverse puntate. Di quelle puntate scrissi solo la prima.
Questa storia è riemersa da una cartellina ingiallita che giaceva tra altre cartelline ingiallite. Oltre alla prima puntata ho ritrovato gli appunti con la selezione dei libri di cui parlare nelle successive puntate, mai scritte.
Ho riletto quella prima puntata e mi è piaciuta e così ho deciso di continuare a scrivere. Sono partito dai libri selezionati a suo tempo e dalle frasi estrapolate che ho trovato nella ormai famosa cartellina ingiallita. Ho fatto qualche piccola aggiunta perché mi sembrava capitasse nel posto giusto e al momento giusto, come si dice quando accade qualcosa che ci piace. Un piccolo brano tratto da Non ora non qui di Erri De Luca che mi è capitato di rileggere proprio in questi giorni. E nell’ultima puntata due libri che non erano inclusi nella scelta fatta tanti anni fa. Ma tanti anni fa non sapevo tante cose. E poi mi sembrava, ancora una volta, che questi libri capitassero nel posto giusto e al momento giusto. I libri sono, Che tu sia per me il coltello di David Grossman e Lettera a D. Storia di un amore di André Gorz.
Non pensavo di scrivere tutte le puntate previste inizialmente e soprattutto non pensavo di riuscire a scriverle così velocemente. Questa storia si era rintanata in qualche angolo della memoria e, forse, aspettava solo un pretesto per venire fuori e rendersi palese. Spero vi piaccia.
Uno strano tipo si aggira tra gli stabilimenti balneari della calda estate pescarese.
Si chiama Jordi, un ragazzo di circa ventidue anni, forse spagnolo. Bermuda blu, maglietta bianca e sandali a occhio di bue. Capelli lunghi, neri, raccolti con un elastico rosso, un filo di barba, bocca grande e carnosa che racchiude denti perfetti e bianchissimi.
Trascina sulla battigia un carretto pieno di libri e giornali. Nessuno sa bene da dove è sbucato né perché tutti i giorni percorre chilometri di spiaggia trascinando quel pesantissimo carretto.
Quando si ferma, in poco tempo, riesce a radunare tante persone attorno a sé che resta ammaliata dal suo modo di parlare. Un parlare dal vago sapore latino, e lo ascolta, a volte, anche per due ore filate.
«Regalo sogni e realtà che costano nulla!». Così conclude le sue chiacchierate; poi, dopo aver regalato cinque libri, prende il carretto e ricomincia il suo girovagare su e giù per la riviera.
Chi l’ha incontrato racconta che è affascinante, colto, che parla bene l’italiano ma non è di queste parti.
Oggi ha fatto la spola tra “l’Ammiraglia” e il “Barracuda” e ha trascorso quasi tutta la mattina a leggere. Ha una pila di libri di Tondelli ed è tutto indaffarato a sottolineare e prendere appunti.
I primi ad avvicinarlo sono Massimo e Fabio, che solitamente occupano il campo da beach volley e non lo mollano fin quando non stramazzano a terra sfiniti.
«Ciao Jordi, di cosa ci parli oggi?» gli dicono allungandogli una Corona ghiacciata con l’immancabile fetta di limone.
«Pier Vittorio Tondelli da Correggio, Reggio Emilia, Italia» risponde tirando giù il primo lunghissimo sorso di birra.
«Lo conosco Tondelli, cioè l’ho letto. Parla di pere e gay» dice Giovanna, una stralunata e bianchissima ragazza di Montesilvano che non prende mai il sole prima delle cinque del pomeriggio.
«Tonterias señorita. Stupidaggini. Tondelli parla anche di amori omosessuali e di droga, ma parla soprattutto della vita. Dei ragazzi, dell’amore, così come della solitudine e della morte. Come puoi dire che dietro l’inseguimento a Lele in Pao Pao ci sia solo una storia di gay? O che in Altri Libertini si parli solo di pere e non di solitudine, di disagio, di voglia di comunicare in modi e forme diverse?»
E dopo aver visto che la sua risposta ha spiazzato Giovanna, tira giù l’altra mezza bottiglia di Corona masticando con soddisfazione la fetta di limone.
«Però Jordi, devi ammettere che il suo è un linguaggio aspro, a volte fin troppo diretto» ribatte Giovanna.
Come sarà il mio nuovo amore, si era chiesto innumerevoli volte Leo non appena aveva deciso di farla finita una volta per tutte con Hermann […] Con quale aspetto amore verrà a me, in quale corpo si mostrerà di nuovo? […] L’amore è assoluto, non si può comandare, accelerare, evitare, guidare. L’amore è totalità è pienezza. Per questo Leo sapeva che sarebbe di nuovo tornato a lui, ma quello che non sapeva era appunto il modo, l’accadimento con il quale amore avrebbe mostrato, di nuovo, il proprio volto.
«E questo ti sembra un linguaggio aspro e duro? Io penso che uno scrittore non si debba porre il problema di come descrivere le emozioni.»
Così Jordi, da grande istrione, rivolgendo lo sguardo verso la piccola folla che nel frattempo si è radunata, chiede a Giovanna: «Sei d’accordo?»¬
«Stavi leggendo un brano di Camere Separate, un romanzo molto delicato, quasi un’eccezione nel panorama tondelliano», risponde Giovanna a muso duro.
«Non sono d’accordo. Si potrebbe parlare utilizzando gli stessi termini di Rimini o di un Weekend postmoderno» eccepisce Daniela, la ragazza del bar, che nel frattempo sta allestendo il banco per gli aperitivi.
A questo punto Jordi capisce che la discussione è ormai ben avviata, e comincia a defilarsi indirizzandosi verso un gruppetto di ragazzi che sta ascoltando un po’ in disparte.
«E voi cosa ne pensate? Conoscete Tondelli?» dice guardandoli uno a uno, lo sguardo penetrante, quasi a voler leggere i loro pensieri.
«Io preferisco il Tondelli acuto osservatore della nuova condizione metropolitana che descrive la diffusione e la polverizzazione della città adriatica. Oppure il Tondelli che osserva il degrado dei centri storici» gli risponde Maurizio, un laureando in architettura di Manfredonia.
Quello che faceva da sfondo al grande terrazzo dell’Excelsior era solamente il doppio notturno di una città mai esistita in quella forma e in quella dimensione e soprattutto in quei tagli di luce così plastici e così artificiali. Con tutta probabilità, cinquecento anni prima, una città chiamata Firenze era lì realmente esistita. In quel momento invece si trattava semplicemente di una fra le tante città della notte in cui un occidente agonizzante specchiava la propria inevitabile fine: accendendo candele ai monumenti e al passato come si fa con le immagini dei morti.
E dopo aver letto tutto d’un fiato l’ennesima citazione, pescata tra un mucchio di fogli strappati dai libri, che custodiva in un’agenda di pelle nera, Jordi chiede un’altra birra a Daniela che nel frattempo ha finito di preparare il banco per gli aperitivi.
Del clan di Maurizio fa parte Fabio, anche lui laureando in architettura, «uno della fauna d’arte» come avrebbe detto Tondelli.
«Sai Jordi, io continuo a preferire il Tondelli che parla di noi, dei nostri mali e dei nostri amori. Dei nostri vizi, delle stronzate che facciamo e anche della nostra umanità.»
Jordi, che nel frattempo si è scolato un’altra birra, girandosi verso di lui, molto lentamente, annuisce, si china sull’agenda di pelle nera ed estrae l’ennesimo foglio. Questa volta legge con un tono diverso. La voce è più chiara. C’è più passione in questa lettura. Più trasporto.
Non è possibile tracciare un identikit del giovane d’oggi, se non dimenticando tutte le mode e tutti i discorsi già fatti […] Per tracciare un tale tipo di ritratto scaveremo nei weekend, nelle sottoccupazioni, nei doppi lavori. Andremo presso i ladri di polli, i giovani artisti incantati, scenderemo nelle strade provinciali e comunali, incontreremo finalmente una marea di giovani improduttivi e selvatici, incazzati e morbidi, ubriaconi e struggenti, di cui i giornali non s’occupano […] Questi sono per me i giovani. Questi i ragazzi che danno speranza. Questi sono la novità: i ragazzi che pensano e cercano nell’oscurità la propria via individuale, le proprie risorse, al di là del baccano, degli strombazzamenti, dei riflettori puntati, dei capelli e dei vestitini. Ho appena terminato un romanzo di John Cheever, Il prigioniero di Falconer. Ho trovato un’immagine molto bella che cito a memoria:«Farragut sentì crescere nel deserto che era ormai il suo animo un fiore. Ma non lo trovò. Per questa sola ragione gli fu impossibile strapparlo.» L’esperienza giovanile degli anni Settanta, suicidatasi per gran parte in fenomeni d’illegalità e di tossicomania, ha fatto il deserto. Ma in quell’ansia distruttrice, suo malgrado, non è riuscita a strappare quel fiore. Quel fiore è, lì, adesso. Quel fiore siete voi
Fa un lungo, interminabile respiro e poi Pfuuuuuuu; l’aria gli esce dai polmoni e impatta con quella umida e stagnante che avvolge Pescara.
Uno applauso parte dall’interno dello stabilimento balneare mentre tutta la spiaggia è attraversata da un brivido caldo, quasi un’eco della lettura appena terminata.
Jordi afferra un’altra birra e la butta giù con un solo sorso, tenendo gli occhi chiusi.
A un tratto, tra la gente che ha intorno, sbuca Rossella che gli piazza un bacio sulla fronte stringendolo a sé.
La folla si dirada, ognuno torna alle sue occupazioni. C’è chi insegue la propria donna, chi il proprio uomo, chi i propri figli, chi la propria ombra.
Jordi dà il via al rito del dono dei libri. Li regala a caso, senza guardare il titolo. Si fa guidare dal colore della copertina o dall’immagine o dal numero di pagine, e associa ognuna di queste cose alle facce delle persone che sono davanti a lui a chiedere libri, appunto.
Cinque è il numero di libri che regala. Cinque per ogni stabilimento.
E quando termina il rito, riprende il carretto e si allontana. Nell’aria sembra udirsi ancora la sua voce. È come sospesa, immobile. «Regalo sogni e realtà che costano nulla.»
[1. continua]
TONDELLI P., Pao Pao, Feltrinelli 1989.
TONDELLI P., Altri libertini, Feltrinelli 1987.
TONDELLI P., Rimini, Bompiani 1987.
TONDELLI P., Camere separate, Bompiani 1991.
TONDELLI P., Un week postmoderno, Bompiani 1993.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.