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Storie da spiaggia e da ombrellone [2]

Rossella è innamorata persa di Jordi. Lo segue ovunque e, regolarmente, quando Jordi ha terminato l’ultima citazione e prima che cominci a distribuire i cinque o i dieci libri giornalieri, si fa spazio tra la gente, lo raggiunge, lo bacia e lo abbraccia, ogni volta con lo stesso trasporto.
«Regalo sogni e realtà che costano nulla!»
La voce di Jordi risuona nel silenzio della grigia mattina che riempie il cielo dello stabilimento balneare “Istria”.
Rossella è già lì, come se qualcuno o qualcosa l’avesse avvertita della presenza di Jordi.
Non c’è nessuno in spiaggia. Un po’ per l’ora; molto per il tempo che minaccia pioggia.
Jordi risale dalla battigia e si dirige verso la grande pensilina dello stabilimento. Come sempre quando arriva lui il limone fa capolino dal collo allungato e trasparente di una Corona. Stamattina è la mano di Rossella che gli porge la bottiglia. Mentre Jordi comincia a bere, lei gli si siede accanto.
Ci sono anche Marco, Andrea e Chiara, tutti ragazzi intorno ai vent’anni che lavorano allo stabilimento.
Jordi continua a bere mentre Rossella ha il cuore che batte a mille. Vorrebbe chiedergli tante cose, vorrebbe urlare tutto il suo amore. Ma le uniche parole che riesce a pronunciare sono:  «Da dove cavolo sbuchi, Jordi?»
Vatanen si alzò, diede un’occhiata agli ultimi riflessi del sole dietro la foresta, fece un cenno di capo alla lepre.
Guardò verso la strada, ma non si mosse. Raccolse la lepre, la sistemò con delicatezza in una tasca laterale della giacca e s’incamminò in direzione della foresta, che ormai cominciava a farsi buia.

«Vengo da una vita lontana e cerco una vita lontana» risponde Jordi, «un po’ come Vatanen che incamminandosi nella foresta si lascia alle spalle ciò che è stato e va incontro a ciò che sarà.»
Ma Rossella non lo ascolta. Si è persa nei sogni che la rapiscono ogni volta che incrocia quegli occhi, o guarda quei lunghi capelli neri raccolti nell’immancabile elastico rosso.
Per svariati mesi non mi accorsi che era alto poco più di un metro e sessanta. Solo quando un berlinese invidioso lo paragonò sarcasticamente a Napoleone mi resi conto della sua statura; oltre a essere bravo aveva le mani e i piedi piccoli, e camminava con un andatura dinoccolata per via delle gambe leggermente arcuate. Era anche piuttosto pingue di vita. Ma per me l’intensità del volto, quegli occhi brillanti, e la sua innata capacità di intuire cosa ci voleva per fare un film gli conferivano dimensioni da gigante, e non dubitavo che potesse avere qualsiasi donna gli andasse a genio. Neppure concepivo che una bella donna sana di mente potesse esitare, poniamo fra Lubitsch e Gable. O fra Lubitsch e un tizio di sangue blu – un gentiluomo affascinante, un giocatore di polo con lo yatch. O Hemingway! Neanche a parlarne. Avrei potuto scrivere la scena: una sfida persa in partenza.
È talmente presa da Jordi che la sfida, appunto, è persa in partenza.
L’irrompere violento del sole la distoglie dai suoi pensieri, anche perché con il sole la spiaggia inizia a riempirsi di ragazzi e ragazze, di donne, bambini, anziani.
Isabella, la ragazza di Gigi, si avvicina a Jordi e comincia a parlargli fitto fitto. A lei si aggiungono Marilisa prima e Marcella poi, due ragazze pugliesi che studiano a Pescara. La discussione è incentrata sulla chiacchierata del giorno precedente allo stabilimento “Barracuda” e riguarda Pier Vittorio Tondelli.
In una stanza del Taft Glenn si era fatto installare uno Steinway sul quale suonava ogni giorno da otto a dieci ore, e spesso anche di notte. Non passava giorno senza suonare il pianoforte.
Jordi ha appena finito di leggere uno dei fogli presi dall’agenda di pelle nera e, prima che Marilisa riesca a dire qualcosa, continua a leggere da un altro blocco di fogli che nel frattempo ha sfilato dall’agenda.
È stato l’unico virtuoso del pianoforte di fama mondiale che abbia detestato il suo pubblico e cha da questo pubblico così detestato si sia veramente ritratto una volta per tutte. Del pubblico non aveva bisogno. Acquistò una casa nel bosco, in questa casa si sistemò e continuò a perfezionarsi. Abitò con Bach questa casa americana fino alla morte. Era un fanatico dell’ordine […] Suonava per così dire dal basso verso l’alto, non come tutti gli altri dall’alto verso il basso. Era questo il suo segreto.
«Vedi Marilisa, Tondelli è un po’ come Glenn  Gould. Un predestinato. Uno che come tutti i fuoriclasse esercita il proprio talento naturale con l’esercizio e l’abnegazione, talvolta immedesimandosi totalmente in ciò che fa al punto da annullare tutto il resto» dice Jordi mentre un gruppo di gente inizia a radunarsi.
Dal fondo rimbomba la voce di Enzo, pugliese anche lui, che vive a Pescara da un po’ di anni e che sogna di diventare un designer.
«Jordi a volte non bastano l’abnegazione e l’applicazione. Non sempre almeno. Occorrono altre cose. Serve rompere gli schemi. Andare oltre. Andare contro se è necessario.»
«Hai ragione», gli risponde Jordi mentre piegandosi sulla sua agenda comincia a cercare nuovi fogli.
«Sai, proprio stamattina ho letto qualcosa che riassume quello che hai appena detto. Un po’ meglio, forse.»
Tra il vecchio e il nuovo, tra l’oggi e il domani, c’è una lotta senza fine. Questa lotta si svolge in tutti i campi della vita umana, compreso quello della scienza. Per oggi s’intende tutto ciò che ha già assunto forma stabile, definita, ciò che viene considerato irrefutabile e infallibile. E proprio la credenza nella sua infallibilità, talvolta, fa sì che i rappresentanti della scienza “dell’oggi” siano elemento conservatore che frena il continuo progredire della scienza […] Eppure il mondo è vivo solo grazie agli eretici, solo grazie a chi nega l’oggi, come qualcosa di incrollabile e di infallibile.
“Istria” è uno stabilimento balneare molto frequentato da ragazzi, per questo motivo quando Jordi termina di leggere si alza un applauso forte e lungo, lunghissimo. C’è energia positiva nell’aria. Ancora una volta Jordi ancora una volta è riuscito a coinvolgere tanta gente in discorsi che non sono proprio da spiaggia e da ombrellone. La discussione è partita.
Adesso è Enzo che tiene banco; non gli pare vero che Jordi gli abbia offerto quell’incredibile assist con la lettura di Zamjatin. Probabilmente, non sa nemmeno chi è Evgenij Zamjatin. E sì perché Enzo è istintivo. Riesce bene in quel che fa. Lo fa con passione, con entusiasmo. Ma non ha grossi studi alle spalle e soprattutto non ha letto molto nella sua pur giovane vita.
Jordi è al banco e beve l’ennesima Corona. Al suo fianco, indomabile c’è Rossella. Oggi pare non voglia mollarlo nemmeno per un attimo.
«Ok, vieni da un vita lontana e vai verso una vita lontana» gli fa roteando rumorosamente il cucchiaino nella tazza del caffè.
«Però avrai un passato, dei genitori, magari dei fratelli, oppure una che ti aspetta da qualche parte. Un amore. Una vita prima di oggi. Un passato ce l’hanno tutti.»
Jordi si volta lentamente verso di lei. Con una mano regge la birra e con l’altra cerca un foglio tra i fogli dell’agenda di pelle nera.
Ricordiamo a volte che i sogni passati non erano meno tristi, che la vita non era più facile, eppure ci sembra che essa sia stata migliore e più tranquilla. Ci sembra di non aver mai avuto quei foschi pensieri, dai quali siamo tormentati ora, quei cupi rimorsi, che, paurosi, non ci danno requie né di giorno né di notte.
«Cercare rifugio nel passato ci porta a considerare tutto con occhi diversi. E il passato ci appare spesso anche meglio, molto meglio del presente. Mi piace pensarmi nell’oggi e nel domani.» Gli risponde Jordi chiosando il brano che ha appena finito di leggere.
La verità è che Rossella vorrebbe soltanto baciarlo. Baciarlo e lasciarsi travolgere dalle emozioni. Niente altro. Non le importa niente della letteratura. Le parole sono importanti, ma ora riesce solo a pensare che ha bisogno di spegnere quel fuoco che ha dentro, di riempire quel vuoto che avverte quando lui non c’é. Il mondo intero sembra non esistere più quando lui le parla. Quando sente la sua voce così profonda, piena di echi di una terra lontana.
Jordi ha finito di bere la sua birra e dopo aver cercato a lungo tra le sue carte estrae un nuovo foglio. Comincia a leggere con voce bassa, in modo che possa udire solo lei.
Ma ultimamente il futuro si è fatto sempre più prevedibile, mentre il passato – basta che mi volga indietro – ritorna in vita pieno di enigmi, indizi e conti aperti. Lubitsch riemerge dal profondo. Era destinato a rientrare nella mia vita anche senza il memento degli odierni fervori cinefili. Infatti comincio ad accorgermi che fu molto più importante per me, e forse anch’io per lui, di quanto mi sia mai preso la briga di riconoscere.
Rossella rimane lì, come in un fermo immagine. Qualsiasi cosa lui avesse voluto dire con quella citazione, perché non poteva esprimerla con parole sue? Perché, ogni volta la lasciava sola, a cercare di capire? Ma Jordi non può più rispondere alle sue mute domande. Se n’è già andato, via verso le “4 Vele”, lo stabilimento accanto, dove lo accoglie il fracasso gioioso della gente che lo aspetta vicino all’ombrellone del bagnino.
«Ragazzi, oggi son stanco. Mi sa che non vi leggerò nulla, ma in compenso vi regalerò i libri che non ho dato ai ragazzi di “Istria”» dice sedendosi al centro del bel gruppo di gente che si era radunato attorno a lui.
Si levano alcuni fischi e molti mugugni.
«Ti prego, Jordi, non puoi farci questo!» urla Patrizia, bella e altera, fasciata nel suo completo mare che lascia pochissimo spazio all’immaginazione di tutti quelli che le stanno intorno
«Sono stanco ho detto. E non vorrei parlare più oggi.
E tutti gli occhi che poco prima guardavano la sinuosa figura di Patrizia adesso pendono dalle labbra di Jordi. Sembra una partita a ping pong, dove i due giocatori sono Jordi e Patrizia e la pallina gli occhi degli astanti.
«No Jordi, ti abbiamo aspettato per tutta la mattina e tu devi leggerci qualcosa» dice lei. Gli occhi dei presenti s’indirizzano di nuovo dalla sua parte. Nel silenzio la pallina resta sospesa a mezz’aria sulla linea di mezzeria del campo. Non aspetta che un soffio di vento per dirigersi da una parte piuttosto che da un’altra.
Jordi aprel’agenda e cerca tra i tanti fogli mal ordinati che fuoriescono dalla custodia di pelle nera. Legge e rilegge ma non riesce a trovare il libro giusto, quello adatto a quel momento e a quella situazione. E ogni volta che ricomincia a sfogliare i fogli dall’inizio, dai ragazzi riuniti si leva un coro di dissenso. Finalmente, dopo tanto cercare, si ferma con lo sguardo su uno di questi. Lo legge e lo rilegge diverse volte. Poi, lascia cadere l’agenda da un lato e comincia a parlare.
«Non sarà una chiacchierata organica, strutturata, quella che vi propongo oggi. Ma la coda di una discussione iniziata altrove. In qualche modo una risposta che devo a qualcuno.»
Mentre pronuncia queste parole, comincia a cercare tra la gente il viso di Rossella.
Le madri sono suscettibili, non consentono ai figli di prendersi delle libertà sul passato. Lo evoco in questa ora con esattezza, ma forse non con verità. Molti particolari non formano un ricordo, molti ricordi non costituiscono un passato. Che io non ti faccia torto: non c’era altro passato che quello […] Mi torna in mente il passato con parvenza di intero, per un bisogno di appartenenza a qualcosa, che stasera mi spinge verso di esso, verso una provenienza.
«Questo è Erri De Luca» dice con sicurezza Patrizia che nel frattempo ha conquistato la prima fila. «Sì è lui» le risponde Rossella, «e adesso ci sarà da discutere. A lungo.»
Mentre la discussione prende quota, Jordi capisce che può allontanarsi e si avvia verso il banco del bar.
«Ecco la tua Corona. Bello il nostro letterato» gli sussurra Giulia, la quattordicenne figlia del proprietario dello stabilimento balneare.
Jordi beve la birra con due lunghi sorsi, appoggia dieci libri presi a caso dal suo carretto sul banco del bar, e dopo aver baciato in fronte Giulia, fa per andarsene, dirigendosi a sud.
«Regalo sogni e realtà che costano nulla!» La sua voce riecheggia nell’aria, ma ormai nessuno lo ascolta più. Sono tutti presi dalla discussione sul senso e il valore del passato, e sulla poetica di Erri De Luca. Nessuno sembra accorgersi di lui. Solo Rossella si accorge che lui sta andando via. Fingendo di assecondare le posizioni che emergono nella discussione, i suoi occhi riescono a vedere solo Jordi, che ormai ha già oltrepassato la Nave di Cascella, la fontana monumento che si trova al centro della città, e si dirige verso Pescara sud e la pineta.

[2. continua]

THOMAS BERNHARD, Il soccombente, Adelphi 1985.
AARTO PAASILINNA, L’anno della lepre, Iperborea 1994.
SAMSON RAPHAELSON, L’ultimo tocco di Lubitsch, Adelphi 1993.
EVGENIJ ZAMIJATIN, Il destino di un eretico, Sellerio 1988.
FËDOR DOSTOEVSKIJ, Le notti bianche, Einaudi 1988.
ERRI DE LUCA, Non ora non qui, Feltrinelli 1989.

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